Lo spread si è agitato molto nelle ultime settimane. Ma anche il partito dello spread si è dato da fare per mesi. Insieme, uno accanto all’altro, hanno tirato la volata a Mario Monti. Le prove tecniche di governo tecnico sono cominciate per tempo, questa estate. E il Giornale, che pure non ha la palla di vetro, le ha registrate raccontando con quasi quattro mesi di anticipo cosa sarebbe successo. Basta sfogliare la collezione del quotidiano di via Negri per averne conferma.
La data chiave è il 25 luglio, un giorno evocativo e suggestivo per chi ama la storia e ricorda le convulsioni che portarono alla fine del Fascismo. Qui siamo alle mosse finali per decapitare l’esecutivo guidato dal Cavaliere. Il 25 luglio dunque il Giornale titola: «La trappola dei banchieri». Perché? Per capirlo basta scorrere l’occhiello subito sotto, poche parole di impressionante attualità: «De Benedetti, Bazoli, Prodi e Passera sponsorizzano un governo Monti».
È luglio, sembra novembre. Quasi una profezia. L’editoriale di Alessandro Sallusti spiega che in un convegno alla Ca de’ Sass, sede di Banca Intesa, gli gnomi della finanza hanno coccolato Mario Monti, allora solo professore e non ancora senatore a vita, invitandolo a prepararsi. Lo spread non ha ancora raggiunto le vette senza ritorno dell’autunno, ma la convinzione generale è che ormai Berlusconi abbia le ore contate. E che dove non sono riusciti il partito dei giudici, le intercettazioni, le trappole parlamentari, la grande stampa straniera, possa infine farcela il differenziale fra i titoli italiani e quelli tedeschi.
Ora, è vero che Monti, come tutte le riserve della Repubblica, viene indicato da anni un giorno sì e l’altro pure come potenziale premier per poi tornare in naftalina, ma il l’incontro, riservato, riservatissimo, c’è stato per davvero. Il giorno prima, 24 luglio, l’ha raccontato sulla Stampa Fabio Martini, consumato retroscenista della politica italiana. Chi c’era alla Ca de’ Sass? Martini enumera un pugno di banchieri e politici di primissimo piano: l’ex premier Romano Prodi, l’editore di Repubblica Carlo De Benedetti, il numero uno di Intesa-Sanpaolo Corrado Passera, il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa-Sanpaolo Giovanni Bazoli, il banchiere del Vaticano Angelo Caloia. E poi, naturalmente, lui: Mario Monti. Poteri forti e sinistra, per farla breve.
Poco prima dell’apertura dei lavori, Prodi e Monti - secondo Martini - si appartano e l’ex presidente del consiglio dice al presidente della Bocconi: «Secondo me Berlusconi non se ne va neppure se lo spingono, ma certo se le cose volgessero al peggio, credo che per te sarebbe difficile tirarti indietro». Per Monti è quasi un’investitura solenne e nemmeno la sola. Perché, spiega sempre il giornalista, anche altri personaggi di spessore hanno bussato alla porta di Monti e gli hanno detto: «Preparati, la tua ora sta per arrivare». Fra gli altri, anche Enrico Letta, vicesegretario del Pd, nipote di Gianni Letta e uno dei politici più stimati dal Quirinale.
Anche il Colle è sceso in campo: ad agosto, evento senza precedenti, il capo dello Stato è al meeting di Rimini e qui, fra gli applausi di migliaia di giovani, Napolitano attacca la maggioranza che ha sottovalutato la crisi. In sala, a battere le mani, ci sono anche Sergio Marchionne e il solito Corrado Passera. Attenzione: il meeting organizzato da Cl è un termometro degli umori del Palazzo e l’edizione 2011 vede un taglio drastico dello spazio riservato ai leader dei partiti e l’avanzata dei capitani d’industria e dei grandi banchieri.
Una stagione finisce, un’altra comincia. Le prove tecniche vanno avanti, Monti incontra personaggi diversi e capisce che la campanella sta per suonare. Come trillerà per Passera, collocato ora in un ministero chiave come quello dello sviluppo economico. Il Quirinale è scontento, i professori scalpitano, la grande finanza ha già scaricato da un pezzo Berlusconi, lo spread è imprendibile come uno scoiattolo sugli alberi. A ottobre il mondo cattolico, sempre più inquieto, si raduna a Todi e qui fra i big si ritrovano tre autorevoli signori che oggi sono ministri: Lorenzo Ornaghi, Andrea Riccardi e, tanto per cambiare, Corrado Passera.
Non si tratta di inseguire dietrologie o di ipotizzare chissà quali complotti, la realtà è molto più semplice. Per mesi pezzi dello Stato, con la benedizione della sinistra e sotto la regia del Quirinale, hanno preparato la grande svolta, imposta dall’emergenza, ma coltivata con pazienza fra un convegno e l’altro.
E per mesi il nome che tutti hanno pronunciato è stato sempre e solo quello di Mario Monti. Speriamo che questa avventura non finisca come ha ipotizzato solo l’altro ieri Italo Bocchino: con Monti candidato premier del centrosinistra alle elezioni del 2013. Sarebbe davvero troppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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