«È un complotto per delegittimare il Pd»

La sinistra grida al «clima torbido e ai veleni», la Margherita parla di «polverone», il Botteghino replica: nessun conto riconducibile a noi. Bertinotti: notizia palesemente falsa

«È un complotto per delegittimare il Pd»

da Roma

Ritorna la «teoria del complotto». Ritornano i «veleni», i «poteri forti», il «clima torbido». È il centrosinistra nel suo complesso a riesumare questo vocabolario proprio per farsi scudo dinanzi alla pubblicazione da parte della Stampa di atti in mano alla Procura di Milano relativi alla presunta movimentazione di fondi del vicepremier D’Alema da parte della brasiliana Inepar. Nonché alla possibile esistenza di conti segreti di esponenti della maggioranza in Sudamerica.
Fino a ieri mattina a mezzogiorno solo i Ds avevano preso posizione sulla vicenda. «Non sono esistiti né esistono conti bancari esteri ascrivibili ai Democratici di sinistra o ai loro dirigenti. Si tratta di una calunnia», ha replicato il comitato esecutivo della Quercia preannunciando il ricorso alle vie legali e denunciando la «campagna di aggressione» finalizzata a delegittimare il partito e il processo di costruzione del Pd.
Poi più niente fino alle 13.30 quando è stato D’Alema a difendersi. «Si tratta di spazzatura che era in circolazione da molto tempo e ad opera di provocatori che sono noti e le cui gesta sono all’attenzione della magistratura», ha dichiarato. «Ciò che è assolutamente sorprendente e sconcertante - ha aggiunto - è che questa spazzatura venga raccolta e rilanciata con un’operazione che sinceramente stupisce, addolora e preoccupa». Quest’accumularsi di manifestazioni di sconcerto si è concluso con «un mandato ai miei legali per intraprendere tutte le iniziative a tutela della mia personale onorabilità». Ovvia la replica della Stampa: «La magistratura milanese non ha ancora deciso di considerare il dossier “spazzatura”. Definirlo “indecenti insinuazioni” significa non avere una chiara idea del compito della stampa in democrazia».
«Richiamo tutti a un senso di responsabilità, la vita democratica non ha bisogno di veleni», ha dichiarato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, spezzando l’isolamento di D’Alema e dei Ds. Una desertificazione denunciata anche dal presidente emerito Francesco Cossiga. «Indecente la mancata reazione del presidente del Senato e del presidente della Camera ai dichiarati tentativi di aggredire l’autonomia degli organi ai quali sono preposti», ha detto, prendendosela pure con la Margherita, accusata di «tutelare i propri protettori» tra i quali il «candidato alla tessera numero uno del Pd (Carlo De Benedetti, ndr)».
La «picconata» di Cossiga ha raggiunto il suo obiettivo. Nel pomeriggio, il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha esternato. «Sento un qualche pericolo in un così disinvolto utilizzo di notizie non verificate, infondate o palesemente incredibili e manifestamente incredibili», ha sottolineato. Infine si sono mossi pure i Dl. Prima con una nota firmata dal partito («Il Pd non potrà essere appannato da polveroni e campagne mediatiche») e poi con il capogruppo dell’Ulivo alla Camera, Franceschini, che ha parlato di «attacchi inqualificabili». Il tutto inframmezzato dalle prese di posizione pro-D’Alema di Prc, Pdci, Sd e Verdi solidali nella denuncia del «clima di veleni».
Per la Cdl hanno parlato Gianfranco Rotondi (Dca) ribadendo che «D’Alema è una personalità sulla cui onestà tutti noi del centrodestra siamo profondamente convinti». E Stefania Craxi (Fi): «L’indignazione di D’Alema è fuori posto. Questi fatti si conoscono da quando sono accaduti. Il fatto che emergano solo ora è il segno che i poteri che controllano la grande stampa hanno deciso di far cadere Prodi».
La polemica si è riverberata anche sull’ordinanza dal gip milanese Clementina Forleo, decisa a non opporre il segreto sulle intercettazioni delle inchieste Unipol-Rcs-Antonveneta nelle quali compaiono alcuni parlamentari, difatti rendendole disponibili prima della loro trasmissione alle Camere. «Forleo ha sostanzialmente ragione», ha osservato il dl Roberto Manzione sostenendo che la loro ammissione al contraddittorio tra accusa e difesa costituisce una forma di «pubblicità attenuata e relativa». «Serve una legge più attenta», ha invece rilevato Chiara Moroni (Fi). Un’altra miccia pronta a esplodere.

In serata, però, è giunta notizia di una lettera inviata dai presidenti delle Camere, Marini e Bertinotti, al presidente del Tribunale di Milano, Livia Pomodoro, con la quale si richiede «ogni utile elemento di informazione che possa fugare le preoccupazioni emerse in Parlamento».

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