Il compromesso prima di tutto. Nelle dichiarazioni finali del vertice G8 che si è concluso ieri pomeriggio a Deauville in Francia si prendono impegni su un po di tutto, ma a ben vedere la priorità che ha guidato gli estensori dei documenti è stata quella di non scontentare nessuno. Lasciando spazio al sospetto che il giudizio sul summit rilasciato dallamministrazione americana sia stato, nella sua cautela, il più azzeccato: «Cè qualcosa di buono nel G8 e nel ristretto gruppo di leader che si parlano su unampia gamma di temi». Qualcosa di buono, non molto di più. È noto, del resto, che gli Stati Uniti preferiscono nettamente la versione allargata (G20) del meeting tra potenti del mondo. Non sembra dunque un caso se su temi come la guida del Fondo Monetario Internazionale, la regolamentazione di Internet, la gestione delle crisi mediorientali, la montagna di Deauville si sia limitata a partorire topolini che sembrano nascere per lasciare le cose come stavano prima.
LA LOTTA PER LFMI
Prendiamo lFmi. A seguito dello scandalo Strauss-Kahn i Paesi emergenti - i cosiddetti Brics: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa - hanno alzato la voce perché fosse uno di loro a ottenerne la guida, da decenni in mano a esponenti europei (il più delle volte francesi). Ma sembra che tutto ciò che otterranno sarà un posto di direttore aggiunto, che attualmente sono tre.
IL FLOP SU INTERNET
Più cerchiobottista ancora il documento finale degli otto Grandi sulla questione delle regole per Internet. Qui il problema era la differenza di vedute tra il francese Sarkozy, che ha voluto l«e-G8» proprio per spingere in quella direzione, e lamericano Obama che invece è più vicino alla posizione delle grandi aziende del settore, contrarie a limitazioni della libertà e dello sviluppo della Rete. La soluzione è stata - diremmo noi italiani - degna del manuale Cencelli sulla spartizione dei posti di potere: un po per ciascuno perché hanno tutti le loro ragioni. Ecco dunque messo nero su bianco che «occorre garantire la libertà e lo sviluppo della rete e allo stesso tempo garantire la sicurezza».
IL PRESSING SULLA LIBIA
Sulla Libia i toni sono più categorici, e lo stesso anfitrione Sarkozy rimarca la «perfetta unanimità sullintensificazione dellintervento militare», ricordando minacciosamente a Gheddafi che il suo tempo al potere in Libia è finito e che se si ostinerà a cercare di mantenerlo «ne pagherà le conseguenze». Vale la pena notare che, esclusa una volta di più lopzione di uno sbarco di forze terrestri, non è ben chiaro (nessuno lo ha detto) in cosa esattamente consisterà lannunciata intensificazione. Dal G8 sembra emergere che anche Mosca ha voltato le spalle al Colonnello: Medvedev conferma che la Russia assumerà (a Bengasi) un ruolo di mediazione tra i contrapposti fronti in Libia, ma sottolinea anche che Gheddafi «se ne deve andare e noi non gli offriremo ospitalità».
TIMIDI SULLA SIRIA
Un altro piccolo capolavoro di diplomazia parolaia. I Grandi «rivolgono un appello (è lennesimo, n.d.r.) ai vertici siriani perché cessino immediatamente il ricorso alla forza» eccetera eccetera. Alla fine del testo si legge: «Se le auorità siriane non terranno conto di questo appello, esamineremo altre misure». Al tempo stesso la Russia (che in Consiglio di Sicurezza ha il diritto di veto) «esclude una risoluzione di condanna dellOnu»: ed ecco che il suo vecchio alleato Assad sa per certo che potrà andare avanti a calpestare «le legittime esigenze di libertà di espressione, di diritti e di aspirazioni universali» di cui si compiace vanamente il documento di Deauville.
SOLDI PER LE RIVOLTE ARABE
Come anticipato giovedì, verrà creato un Fondo a sostegno delle auspicate nascenti democrazie in Nord Africa e Medio Oriente. Si è fatta la cifra di 40 miliardi di dollari.
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