Condanna a 4 anni per il «guerrigliero» assolto dalla Forleo

da Milano

Non «guerriglieri», come stabilito dal giudice Clementina Forleo nella sentenza di assoluzione in primo grado, ma «terroristi». Così, seguendo le indicazioni della corte di Cassazione - che aveva accolto il ricorso della procura generale - la seconda corte d’Assise d’Appello di Milano ha condannato ieri il marocchino Mohamed Daki a 4 anni e i tunisini Maher Boujahia e Ali Toumi a 6 anni di reclusione proprio per il reato di terrorismo internazionale.
Immediata, la rabbia degli imputati. Daki, dal Marocco, parla di una decisione «ingiusta emessa in un processo dove non ho potuto essere presente. Io non ho fatto mai niente di male». Ancora più dura la reazione di Toumi. Ripete che «è una sentenza fabbricata dai politici e dalla Cassazione, una macchia nera nella giustizia italiana». Ancora, attacca i magistrati titolari dell’inchiesta, che gli avrebbero intimato di collaborare, «altrimenti - spiega - dicevano che mi avrebbero fatto condannare a 10 anni».
«Non ci mettiamo a commentare le assurdità del primo che passa», è la replica del procuratore Armando Spataro. Che, rispetto alla distinzione tra «guerriglieri» e «terroristi», sottolinea come «tale distinzione ha diritto di cittadinanza nei processi, ma nei casi concreti deve confrontarsi con gli elementi di fatto emersi nelle indagini». E «proprio tali elementi - conclude - secondo noi erano stati in precedenza trascurati».

Solo un commento tecnico da parte del giudice Forleo. «Mi meraviglio - dice - perché Daki è stato espulso ed era impedito a comparire. Aveva quindi un legittimo impedimento». Ieri, le difese hanno annunciato il ricorso in Cassazione.

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