Condannati dai campioni che non tradiscono mai

Bentornato Beck, glielo hanno scritto, affettuosi soprattutto vedendolo in panchina. Per loro è stato un grande. Grazie Wayne, quello è un coro che l’Old Trafford non smette mai di intonare. E come dar torto. Soprattutto perché stava dalla parte giusta. Manchester sì, ma united intorno a Rooney. Lo sapevamo prima, lo abbiamo toccato con mano. Il nostro calcio si arrende ai grandi assi, quelli che, quasi, quasi, non riusciamo più a riconoscere, se non in televisione. Martedì sera il magico Robben, seta calcistica made in Olanda. Ieri il devastante Rooney, un moderno Cruyff made in England. E noi che ci sollazziamo con Ronaldinho e Huntelaar. Per non parlare di Gilardino chi?
Dicono che Rooney da giovane, ora gli anni sono 24, non avesse testa. Oggi ne ha fin troppa. Lo ha fatto capire a Bonera, Thiago Silva e Abbiati, come all’andata lo avevano compreso Dida, Nesta e Thiago Silva. Teste dure loro, crapa d’oro il diavolo incantatore. Cambiano gli uomini e il teatro, non la recita dell’unico giocatore che metta nell’imbarazzo Sir Alex Ferguson. Se c’è, ha la faccia da allegro bevitore. Se non c’è, quella da sbronza triste.
Ieri sera non c’è stata ombra sul faccione di sir Alex: Rooney ha fatto tutto e subito, un gol per tempo, prima occasione e via, dapprima ha sventolato la testolona, poi il suo svelto guizzare che ha accompagnato l’occhio del rompiscatole di razza. No, Rooney non è un rompiscatole, è un Achille, un po’ Zorro e un po’ Robin Hood, è Hurricane, ma anche Saint Just: ieri ha segnato i gol 29 e 30 della stagione, il decimo di testa. Direte: con la difesa del Milan ci voleva poco. Tutto vero, ma quanti tradiscono? Visto Huntelaar e Borriello? Due allegri viandanti di un calcio da pianeta degli scimmiotti. Svagati replicanti di campioni d’altro mondo. Il Manchester ha fatto scuola, il Milan ha preso appunti. Rooney lo ha punzecchiato ed affondato, se ne andava ovunque lo portassero il talento, l’ispirazione, il suo cuor di campione. «È in stato di grazia, può tutto», aveva detto Ferguson alla vigilia. Non si è morso la lingua. Lo ha capito anche il calcio nostro. Con i campioni si sogna e si vola. Con i grandi reduci, con i ragazzi acerbi, con le stelle cadenti si sogna ma non si vince.
È stato meraviglioso l’Old Trafford quando Wayne ha lasciato la compagnia sul 3-0 per il Manchester. Ma altrettanto grande, e trasudante emozioni, quando David Beckham ha rimesso piede su quel magico prato della sua gioventù. Momento scomodo per lui e per tutti: tornarci solo per una passerella, da panchinaro costretto a sorbirsi tre reti della ex squadra. Però lo sport trova momenti che ti riempiono il cuore anche nel mezzo di una bufera, quando una grande squadra italiana sta subendo la tortura di un tiro al bersaglio e una grande squadra inglese dimostra al mondo che i campioni ti allungano la vita. Sempre.
Il nostro pallone sta prendendo appunti. Purtroppo. Il Milan è uscito con gli occhi neri dalla sfida di ieri sera. La Fiorentina si è arresa a Arjen Robben, nonostante si trastulli nell’alibi Ovrebo. La Juve ha già lasciato la compagnia di Champions, facendosi infilare dal Bayern e dalle proprie povertà. Questo è il nostro football al cospetto d’Europa. Vedi una vecchia gloria come Neville e sembra diventato un fenomeno contro i difensori rossoneri. Guardi Ronaldinho e ti cadono le braccia. Non c’è più Inzaghi, il devastatore di mille aree. E quando compare, trascina solo la sua fama.
Passava tutto questo per la testa guardando il Milan che, nel calcio nostro, è la squadra che ha sempre saputo regger meglio il peso del rappresentarci in Europa. Il Manchester «united» intorno a Rooney è il succo della storia, così come il Barcellona che si aggrappa a Messi e Ibrahimovic. Al Real non sono bastati Ronaldo e Kakà e forse ci potrà consolare. Ma non dimostrare che i grandi campioni non fanno la differenza.

Rooney sembrava un predestinato, tre gol al debutto in Champions (contro il Fenerbahce) sono un segnale, ma ognuno si guadagna la sua sorte. E beato chi se lo gode. Il nostro calcio non lo dimenticherà. Per ora ci hanno condannato un olandese e un inglese. Che ne sarà di Drogba?

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