Milano - Il documento è firmato da Marina Berlusconi, la figlia del Cavaliere che per la prima volta scende in campo in prima persona nell’eterno scontro tra il gruppo Fininvest e la magistratura. È la primogenita del capo del governo a siglare, nella sua veste di presidente del Consiglio di amministrazione della holding di famiglia, l’esposto al ministro della Giustizia e alla procura generale della Cassazione che di questo scontro segna una nuova e più aspra puntata. La Fininvest si rivolge ai titolari dell’azione disciplinare perchè valutino l’operato dei tre magistrati che nel luglio scorso inflissero al Biscione la più pesante condanna della sua storia: i 564 milioni di risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti, già riscossi e incassati dall’Ingegnere. Quei tre giudici, secondo l’esposto, hanno condannato Fininvest modificando a loro uso e consumo una sentenza della Cassazione cui- per arrivare a dare ragione a De Benedetti - hanno fatto dire esattamente il contrario di quanto essa diceva: un taglio di quindici parole che ne ha capovolto il senso.
Saranno ora il ministro Nitto Palma e il pg della Cassazione, Vitaliano Esposito, a valutare se aprire un fascicolo a carico dei tre magistrati (Luigi de Ruggiero, Walter Saresella e Giovan Battista Rollero) che firmarono la sentenza di condanna.Ma è evidente che l’accusa lanciata da Fininvest ai tre giudici, quella di avere deliberatamente falsificato le carte, è di una gravità senza precedenti, segna un ulteriore inasprimento dello scontro, e arriva non a caso al termine di una settimana in cui i legali di Berlusconi e del suo gruppo hanno più volte denunciato di sentirsi stretti in una morsa d’acciaio, creata dall’intesa tra la Procura e il Tribunale milanesi.
Il tema dell’esposto è, nella sua complessità tecnica, lo snodo finale della «guerra di Segrate» tra Berlusconi e De Benedetti per il controllo della Mondadori. La vittoria assegnata a Berlusconi nel 1991 dalla Corte d’appello di Roma è stata annullata «a tavolino» dai giudici milanesi, dopo la condanna per corruzione di uno dei tre magistrati romani che avevano dato ragione al Cavaliere. I 564 milioni di condanna inflitti a Fininvest costituiscono, cioè, il risarcimento per quella ingiusta sconfitta di vent’anni fa. Eppure, almeno sulla carta, quella vecchia sentenza non è mai stata revocata.
Bisognava prima annullare la sentenza, dicono da sempre i legali di Berlusconi. Non è vero, ribatte Cir. E nel luglio scorso la Corte d’appello milanese dà ragione a Cir, spiegando che basta la corruzione di un singolo giudice perché la sentenza divenga tamquam non esset , come se non fosse mai esistita: e quindi può essere liberamente ribaltata da altri giudici. Lo dice- scrivono de Ruggiero e i suoi colleghi- una sentenza della Cassazione. Ma citandola omettono una frase, in cui si dà atto che nel caso cui la Cassazione si riferiva era stata avviata la procedura di revocazione della sentenza «corrotta» prevista dall’articolo 395 del codice di procedura civile, ovvero l’iter per l’annullamento delle sentenze.
È stata una omissione decisiva, quella compiuta dai giudici della Corte d’appello milanese? Sì, secondo Fininvest, ed è un’omissione non frutto di errore o distrazione, ma di una precisa volontà di nuocere. No, secondo i giudici milanesi, che sostengono di avere dedicato al punto incriminato - cioè alla possibilità di ribaltare una sentenza senza che sia stata formalmente revocata- anche altri, e più motivati, passaggi della loro sentenza. E in loro sostegno accorrono ovviamente anche i legali di De Benedetti, che in un comunicato accusano i rivali di avere compiuto un passo «intimidatorio», e sostengono che quando si scrivono le sentenze «è assolutamente abituale la citazione di precedenti limitata ai passi che il giudice ritiene pertinenti».
E adesso cosa accade? In tempi brevi, assolutamente nulla. Se il ministro Palma o il pg Esposito dovessero convincersi della malafede dei giudici milanesi, o almeno di una loro colpa «grave e inescusabile », potrebbero chiedere al Consiglio superiore della magistratura di sanzionarli, ma la cosa richiederebbe mesi, difficilmente avrebbe successo, e comunque non farebbe riavere a Fininvest i soldi che ha già versato a Cir.
Per sperare di recuperare i 540 milioni ( più 24 di interessi) già incassati dall’Ingegnere, l’unica speranza di Berlusconi è affidata al rimedio naturale, il ricorso in Cassazione: che non è stato ancora depositato, ma di cui certamente quella frasemancante nella sentenza costituirà uno dei pezzi forti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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