Le confessioni di Melissa P.

Giancarlo Perna

Aspettando Melissa Panarello in ritardo di mezz’ora, potevo annoiarmi a morte se non fosse che sono capitato alla Fazi editore in un momento di sgranchimento generale delle gambe. Editor e impiegati, ambosessi sui 20 anni, stappano bottigliette e parlano compresi di libri. Rare femmine adulte si mescolano come insegnanti alla ricreazione di un liceo. Molti fanno pausa al sole sul terrazzo dell’appartamento che copre l’intero primo piano di un palazzo vicino a Villa Borghese, a Roma.
Tra i gironzolanti individuo a naso, Thomas, il figlio dell’editore Elido Fazi e fidanzato di Melissa. Ha una sontuosa capigliatura afro-cubana e un bell’abito braghe e camicia che gli sono saltati addosso quando era ancora mezzo addormentato. I ciuffi crespi all’insù gli sono venuti dopo avere letto quello che ha scritto di lui la fidanzata nella sua seconda prova d’autore, L’odore del tuo respiro. In cui odore e respiro spiattellati ai quattro venti sono appunto quelli del povero Thomas. L’infelice, violato nella sua intimità, pesantemente insultato a ogni pagina, è infatti il coprotagonista del romanzo di cui Melissa è la protagonista assoluta.
Ma eccola, Melissa. Imbocca la porta una bamboletta che spazza il pavimento coi jeans. Oscilla su un paio di scarpe con tacchi di corda. Età e altezza media dell’appartamento si abbassano con l’arrivo della piccina. Il fenomeno letterario dell’ultimo biennio ha, ora, 19 anni e una statura da geisha di 1,47, ma proporzionata.
«Scusi il ritardo», dice gentile e mi dà la mano. Ha lo smalto alle unghie, color sangue di bue rappreso.
«È lei la diva», dico con un inchino. Sgusciando tra i Fazi boys in dotta discussione, sediamo a un tavolo nel terrazzo.
«Dedica il suo libro “A Thomas che sa annusare la mia gonna”. Che virtù è?», chiedo.
«Sa apprezzare la mia femminilità per quella che è. Non tutti lo sanno fare», dice pronta. È davvero una bambina. Ha i capelli nero lava su un grazioso visino di porcellana.
Per essere apprezzatori, bisogna annusare alla Thomas?
«Mi serviva la rima con gonna per completare la dedica “A mia madre foresta/ a mia sorella tempesta/ a mia nonna madonna”. Poi, l’immagine è calzata bene».
Come Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, anche questo romanzo è autobiografico. Ha davvero tentato il suicidio?, domando.
«Molto del libro è immaginato. I sentimenti invece no. Mai pensato al suicidio, all’omicidio piuttosto», si sporge e scopre un accenno di senini della grandezza di un’albicocca.
«Chi vuole omicidiare?».
«I bidelli delle medie che detestavo. Uno era pedofilo e leggeva riviste pornografiche. L’ho denunciato alla preside», si scalda.
«Si mette a fare la moralista lei che in Cento colpi di spazzola si agita come una mandrilla?».
«A scuola certe cose non si fanno. Ho denunciato pure il supplente di musica che mi ha sbattuto contro il muro e mi si è strofinato addosso».
«Embè, con tutto quello che ha fatto dopo! Corpo a corpo, sbattimenti vari. Ma l’ha scordato?», mi eccito.
«Quello l’ho voluto fare. Io ho un sesto senso per le persone squallide e morbose», dice e mi guarda con intenzione. Compare Martina Donati che cura l’immagine di Melissa. Chiede se vogliamo una bibita. Non è niente preoccupata per la sua pupilla. Prima dell’intervista mi aveva detto «È una spada. Vedrai». Vediamo.
Il suo fidanzato è il figlio dell’editore. Coincidenza?
«Ha la mia età e fa parte del mio mondo. Come succede tra le veline e i calciatori. Non mi metterei però mai con uno scrittore. Due narcisismi sono pericolosi».
Com’è nata tra voi?
«Gradualmente. Sapevamo che la gente avrebbe detto che io ero pubblicata da Fazi per questo».
Visto quanto vende, era interesse dell’editore buttarle tra le braccia il figlio.
«Forse, all’inizio ci ha pensato. Ma col mio orgoglio nulla mi fermerebbe».
Fazi non ha avuto imbarazzo a pubblicare i suoi contorcimenti col figlio?
«Il libro è autobiografico, ma con la mia scrittura diventa letteratura...».
Non esageri...
«Risparmi l’ironia. Ci sono abituata».
Cento colpi di spazzola, L’odore del tuo respiro. Titoli carnali. Rispecchiano la sua natura?
«Più che carnali, sognanti. Le principesse delle favole prima di dormire si spazzolano i capelli».
I titoli li trova lei?
«Certo. Prima nasce il titolo, poi il romanzo. Il titolo è la cosa che sento più mia».
Dicono che scriva male e che tutto sia rimpastato dall’editor.
«L’editor non rimaneggia niente. Mi dà solo consigli. Se una cosa la faccio, è perché la faccio io».
Che studi ha fatto?
«Terza liceo classico ma, causa libro, non ho avuto tempo per il diploma. Lo farò da privatista. Poi, avrò la laurea honoris causa. Aspiro al Nobel per la pace. Quello per la Letteratura, non me la daranno mai» (sorride).
La sua è una famiglia colta?
«Commercianti di scarpe. In casa non si leggeva, se non Harmony. Io invece, fin da piccola pescavo nei cesti delle fiere del mio paese, Aci Castello. Libri brutti, ma fondamentali. Ci spendevo la paghetta».
Ha idee politiche?
«Ho un’etica. Sono atea e anticlericale. Tendo sicuramente a sinistra ma, per come stanno le cose, non so dove schierarmi».
Cento colpi di spazzola ha venduto 2,5 milioni di copie in tutto il mondo.
«Trecentomila in Germania, centomila in Turchia, in Giappone, Spagna, Sud America...».
Quanto l’ha fatta ricca?
«Abbastanza da comprare una casa a Roma e da rimanere povera perché una casa a Roma costa molto. Non mi rendo conto ancora di essere ricca e famosa. Sono stata lanciata così presto...».
Per Fazi è una miniera.
«Come lui per me. Io l’ho fatto conoscere al grande pubblico. Prima era una piccola casa editrice colta».
Altri editori le stanno dietro?
«Sì. Ma anche se non può pagarmi come Mondadori, preferisco Fazi. Qui sono un essere umano. Lì sarei un prodotto».
Il primo romanzo è sesso a ogni pagina. Goduto più a farlo o a scriverne?
«Una sofferenza entrambi. Scrivendo però modellavo la realtà vissuta e la faceva più mia. È difficile guardare il proprio marcio in faccia».
Ci sguazzava per poterne scrivere?
«Non mi piace la vita regolare. Sono estrema per natura».
Il mio marcio lo lascio dormire.
«A me incuriosisce. Non ne ho paura, ma mi inorridisce. Scrivo per esorcizzare».
Di Cento colpi di spazzola è stato detto: «Poteva scriverlo qualsiasi battona di cavalcavia».
«Giudizi morali che non mi interessano. Mi tocca di più chi dice che non so scrivere. Vorrei poi vederla la battona. Sembra facile».
La detestano più gli uomini o le donne?
«Le donne. Si incazzano perché mostro il mio lato brutto che è anche il loro».
Quali nomi noti le hanno fatto invece riconoscimenti?
«Nessuno. Sono la persona meno riconosciuta al mondo. Il nome noto non può ammettere di leggere i miei libri. Si vergogna, li considera bassa letteratura. Ma li legge. Se no, non si spiegano tutte queste copie».
Lei è carina. Ha successo?
«Gli uomini non mi interessano più di tanto».
Sono attratti più i giovani o i maturi?
«Fino a due anni fa i maturi. Oggi, i giovani. Però prima vestivo da donna. Per distinguermi da mia mamma che faceva l’adolescente. Ora si è imborghesita e io posso vestirmi da giovane».
Perché fuma tanto?
«Sono testimonial dell’Associazione Pro fumo di Milano».
L’odore del tuo respiro vende?
«Già più di diecimila copie. È in testa alle classifiche».
Stavolta non è un libro porno. È paranoico.
«Troppo facile scrivere un bis. Ma sentimentalmente, è simile. È cupo, claustrofobico come il primo».
Si considera una scrittrice?
«Sì. So che dovrò morire presto per essere valutata. Come Gesù che fu considerato dio in terra dopo la morte precoce».
Dio ci perdoni! Lei scrive libri brevi, senza trama. Avrà lena per continuare?
«Penso di potermi evolvere molto. Ho in testa un terzo libro con una trama vera. Come il romanzo che ho scritto a nove anni. La storia di una psicologa che si innamora del paziente tossico, hanno un figlio che poi muore...».
Che allegria.
«Sono una persona molto pesante. Noi siciliani siamo teatrali».
In entrambi i libri, straparla di sperma.

Un’ossessione?
«Sono attratta dall’interno del mio corpo. Penso che siamo coperti di pelle perché dentro facciamo schifo».
Ma lo sperma mica ce l’ha lei.
«Nell’uomo mi attraggono le mucose e i fluidi corporei».
Giancarlo Perna

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