Ho il telefono sotto controllo e temo che abbiano intercettato un giro di telefonate compromettenti. Da tempo parlo con un personaggio di nome Walter che qualifico come il mio spacciatore di caciocavallo, tipica allusione in codice. Col mio fornitore parlo di dosi e crisi d’astinenza, ci vediamo in luoghi clandestini quando viene a Roma a consegnare la merce. Temo da un giorno all’altro il blitz dei Nas. Ricorderete Totò: birra e salsiccia era la parola d’ordine per entrare nella legione straniera. Sarà difficile spiegare che Walter mi rifornisce davvero di caciocavallo lucano, da Moliterno, con scientifica e amorevole puntualità. Non so come riesca a prevedere la curva dei miei consumi, ma appena sto finendo il caciocavallo, previene le crisi d’astinenza e mi invia o mi consegna un’altra squisita partita, guarnita di scamorze e salsicce.
Walter lo fa per affetto e
amicizia, e anche perché scrissi un paio di prefazioni a libri da lui
editi. Mai scritti miei furono ripagati meglio e più profumatamente.
Pur senza obblighi nuziali, Walter mi passa gli alimenti. Lui è uno e
trino: editore, mobiliere e spacciatore di caciocavallo. Due
attività le fa per passione e una per necessità. Ma ha creato in me una
pericolosa caciodipendenza; potrei fare sciocchezze pur di procurarmi la
dose. Ho smesso di frequentare donne avide del mio cacio; ho invece
un rapporto duraturo con chi mostra disinteresse al tesoro. Confesso
che tra Belen e il cacio podolico esiterei a lungo.
Goloso di cibi primitivi del Sud, anni fa fui fermato in aeroporto
perché suonò il metal detector. Mia madre aveva rivestito con troppa
carta metallica due fette di calzone di cipolla; l’aveva fatto per
evitare micidiali esalazioni. Quando mi chiesero di aprire la borsa,
videro allarmati i due triangoli a forma di fondina. Io volevo morire.
Avrei preferito dichiarare che fossero pistole, piuttosto che
confessare di detenere calzone di cipolla.
E non so se ero più
mortificato per la figura da zotico o più terrorizzato da un eventuale
sequestro dell’adorata roba. È bello farsi di calzone di cipolla e
caciocavallo. Chi non li ha mai assaggiati, non conosce il paradiso.
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