Confindustria e sindacati firmano l’intesa anche senza la Cgil

RomaContratti che durano tre anni, sia nella parte normativa sia in quella economica; fine degli aumenti calcolati sulla base dell’inflazione programmata che sarà sostituita da quella previsionale calcolata da un soggetto terzo. Poi, soprattutto, contrattazione aziendale e territoriale incentivata attraverso la detassazione e la decontribuzione, il tutto per legare salario e produttività. La prima firma era stata quella del 22 gennaio, con il governo. Ma ieri le parti sociali, quasi al completo, si sono riprese quello che considerano materia di loro esclusiva competenza: la riforma dei contratti. Confindustria, Cisl e Uil hanno firmato l’accordo attuativo della riforma. La Cgil, presente al tavolo, non ha firmato e ha ribadito le ragioni del no in una lettera firmata dal segretario generale Guglielmo Epifani. «L’accordo è un errore, divide i lavoratori e i sindacati, mentre in questo momento la crisi richiede unità». In realtà la volontà di non riformare la contrattazione è precedente alla crisi. La Cgil aveva fatto naufragare il precedente tentativo di fare la riforma. Questa volta le altre organizzazioni (l’Ugl firmerà più avanti) hanno deciso di non fermare le lancette. «Si può andare avanti anche senza la Cgil, non possiamo aspettarli, sarebbe un danno ai lavoratori», ha spiegato il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. «Da sola la Cisl - ha sottolineato il segretario generale Raffaele Bonanni - eguaglia la Cgil per iscritti attivi e insieme a Uil, Confsal e Ugl siamo largamente maggioritari».

È «un buon accordo», ha commentato la presidente degli industriali Emma Marcegaglia che si è detta «dispiaciuta» per il no della Cgil. Le frange più estreme del sindacato di sinistra hanno annunciato che non terranno conto dell’accordo. E quindi non chiuderanno nessun contratto.

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