Confindustria in trincea: no allo scippo del Tfr

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Confindustria ritiene del tutto inaccettabile l’ipotesi di trasferire forzosamente all’Inps parte del Tfr: risorse che i lavoratori scelgono liberamente di lasciare nelle imprese». Viale dell’Astronomia, all’indomani del varo della Finanziaria, ha scelto di riproporre pedissequamente i contenuti del comunicato del vicepresidente Emma Marcegaglia diffuso al termine della giunta del 28 settembre.
In realtà, l’associazione degli imprenditori sta ancora cercando di capire se tra le pieghe della manovra ci sia qualche aspetto positivo del quale avvantaggiarsi. Ma l’aver dovuto mandare giù il dimezzamento della riduzione del cuneo rispetto a quanto propagandato dall’Unione in campagna elettorale e soprattutto l’«esproprio ai dipendenti» di 5 miliardi di euro di Tfr. Di certo, le varie componenti di Confindustria dovranno anche interrogarsi sul cui prodest l’esenzione del bollo per le auto e i furgoni «Euro 4». E anche su quale sia l’azienda con problemi di esuberi che maggiormente beneficerà del provvedimento di mobilità lunga per favorire l’accompagnamento all’età pensionabile dei dipendenti in surplus.
Insomma, il malumore c’è e anche la voglia di cambiare tutto, ma la possibilità che il Parlamento cancelli o modifichi alcune storture fa sì che l’attendismo prevalga. Anche nelle componenti lombardo-venete che a Vicenza hanno salutato Silvio Berlusconi come unico e vero rappresentante degli interessi dell’azienda Italia tutta. «Non mi sembra una Finanziaria orientata verso lo sviluppo e la competitività. Quello che è emerso finora è soprattutto la componente fiscale, ma comunque aspettiamo di leggerla perché sono curioso di capire cosa è stato fatto per la ricerca», dice il presidente di Federchimica Giorgio Squinzi.
«Torniamo a vedere l’aumento della pressione fiscale anche sul settore immobiliare che è stato l’unico comparto a trainare l’economia negli ultimi anni. Per non parlare del Tfr dove si è scelto di andare contro la volontà dei dipendenti». È sconsolato l’ex vicepresidente di Confindustria, Nicola Tognana, che però non dispera in una reazione unitaria da parte della Confederazione.
Ma non tutti hanno mostrato lo stesso aplomb. «Spero che Confindustria avrà il coraggio di presentarsi davanti al governo e chiederne le dimissioni», dice un importante imprenditore che ha avuto ruoli importanti nel sistema lombardo.
«È una penalizzazione delle imprese e del ceto medio - aggiunge - che ci creerà notevoli problemi di rivendicazioni salariali con quadri e manager. Esenzione del bollo auto? Voglio vedere come troviamo le risorse per rinnovare il parco macchine visto che il Tfr l’abbiamo ormai perso. Io in questo Paese non ci credo più». Almeno con la riforma Maroni le aziende avrebbero avuto qualche agevolazione per la rinuncia parziale di questa forma di credito da parte dei dipendenti. E oltretutto si sarebbe sviluppato il sistema dei fondi previdenziali privati (e non l’Inps) che avrebbero aiutato il sistema industriale a crescere.
«Questo è un governo di chiara impostazione comunista. Infatti la Finanziaria l’ha fatta Visco», si sfoga con il Giornale l’imprenditore.

Ma ormai la legge di bilancio è stata varata e, salvo correzioni, le imprese si dovranno organizzare per far valere le proprie ragioni. «Scenderemo in piazzetta a Capri o a Portofino», conclude ricordando la battuta rivolta al presidente Montezemolo durante l’ultima giunta di Viale dell’Astronomia.

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