Consob all’attacco: «I Benetton fuori dal collegio di Generali»

Per la Commissione Edizione non può presentare liste di minoranza: pesano i legami con Mediobanca. Per Algebris è un punto a favore

da Milano

Se a decidere fosse la Consob, la porta delle Generali resterebbe sbarrata davanti al tentativo dei Benetton di aggiudicarsi il posto nel collegio sindacale riservato ai soci di minoranza. Motivo: il forte «collegamento» tra il gruppo di Ponzano Veneto e Mediobanca, che a sua volta è la principale azionista del Leone (15%).
Per quanto gli sceriffi di Lamberto Cardia abbiano in questo caso poteri solamente informativi, è un avvertimento inequivocabile quello contenuto nelle due lettere che la Commissione ha inviato ieri pomeriggio al colosso triestino e a Edizione Holding. Pur scritta in punta di diritto, si tratta infatti di una analisi che sposa le obiezioni già sollevate negli esposti che il fondo speculativo Algebris ha fatto pervenire anche a Bankitalia e Isvap. Sicuramente un solido aggancio sia per la battaglia legale minacciata dal fondo di Davide Serra, che ha espresso soddisfazione per l’affondo della Consob auspicando un passo indietro da parte dei Benetton, sia per tutti i soci «dissenzienti» delle Generali. Magari anche con qualche alleanza inedita, a cui paiono guardare i fondi raccolti in Assogestioni (anch’essi in gara per aggiudicarsi un sindaco): «Consideriamo Algebris un investitore istituzionale del tutto legittimato a svolgere un ruolo di minoranza», ha detto il presidente dell’associazione Marcello Messori auspicando una «maggior collaborazione» tra i piccoli soci.
Ad avviso della Consob la lista presentata da Edizione Holding non può essere considerata di «minoranza» per diverse ragioni: complice un impegno fuori sede di Cardia le due missive sono state firmate dal consigliere anziano Paolo di Benedetto ma sono il frutto del voto unanime dell’intera Commissione. A partire, insieme allo scoglio del controllo congiunto sollevato da più parti, dal collegamento «ragionevolmente» ravvisabile, vista la «struttura» del patto di sindacato di Mediobanca e «l’andamento storico delle assemblee» dell’istituto, tra la galassia dei Benetton e Piazzetta Cuccia. Fino all’affondo finale: qualora Mediobanca votasse la lista dei sindaci presentata dal cda di Generali e questa risultasse la prima per preferenze e quella depositata da Edizione fosse la seconda, quest’ultima non potrebbe essere considerata di minoranza. Una pietra scagliata contro le ambizioni dei Benetton che hanno preferito non commentare.
Per essere ancora più incisiva la Commissione ha poi passato in rassegna gli «ulteriori rapporti» tra Mediobanca e Benetton «che potrebbero assumere rilievo», magari per un «collegamento indiretto» in base al Testo unico della Finanza. Il lungo elenco ruota intorno a Sintonia (di cui Mediobanca ha una quota dell’1% destinata ad arrivare al 3,78%) che fa capo a Ragione, la cassaforte dei Benetton che controlla anche Edizione. Sintonia detiene l’85% di Investimenti Infrastrutture, che partecipa al sindacato di Gemina sempre con Mediobanca. Senza contare che Sintonia condivide, ancora una volta con Piazzetta Cuccia l’impegno in Telco, la holding a cui fa capo la catena di comando di Telecom. Altro incrocio delicato quello di Edizione, socio sindacato di Pirelli (4,6%) insieme alla merchant bank.
Infine Consob, spulciando i candidati dei Benetton, si sofferma su un’obiezione personale per Giuseppe Pirola: il cui fratello a oggi lavora negli uffici milanesi di PriceWaterhouseCoopers, la società di revisione di Generali.

Ieri il comitato esecutivo ha passato in rassegna le strategie di sviluppo del gruppo anche dal punto di vista internazionale: il Leone studierebbe un’ampia riorganizzazione nel settore immobiliare. «La riunione è andata benissimo, i numeri sono ottimi» ha detto Lorenzo Pellicioli lasciando il vertice. Difficile, tuttavia, che sul tavolo non ci fosse anche la lotta sulla governance.

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