La chiamano «class action», ma della vera class action porta solo il nome. Le associazioni dei consumatori la pubblicizzano a tutto spiano, promuovendo raccolte di adesioni con la promessa di ricchi risarcimenti, stimati non si sa come, visto che sullapplicazione finale e sulleffettivo valore per il consumatore rimangono molti punti oscuri. Punti oscuri che non possono peraltro essere chiariti da nessuno, visto che, a tuttoggi, la class action ancora non cè.
PROVVEDIMENTO FANTASMA
Sui siti delle associazioni dei consumatori le raccolte di firme di cittadini fregati dalle aziende si sprecano: cè chi si scaglia contro Telecom e le Poste, chi se la prende con i disservizi idrici e chi con il caro libri (Adoc qui si scatena, prospettando 400 euro di risarcimento). Cè chi vola più basso (Codici) e mette nel mirino i produttori di mangimi per conigli. Non con la stessa evidenza viene però spiegato che la class action per adesso esiste solo su carta, poiché lentrata in vigore è slittata dal primo luglio a gennaio prossimo. Ma intanto si continua a fare incetta di adesioni alle future «cause collettive», che spesso corrispondono anche a iscrizioni (a pagamento) alle associazioni.
LEGGE ALLAMATRICIANA
«Una schifezza», una «legge allamatriciana», «un pastrocchio». Solo alcuni dei commenti piovuti sulla class action italiana dallo scorso dicembre. L«azione collettiva risarcitoria» è una bufala. Nemmeno lo stesso Bersani, allepoca ministro dello Sviluppo economico, padre tutelare del provvedimento, riuscì ad andare oltre un benaugurante «è pur sempre un passo avanti, ma va migliorata». Come? Negli States ad esempio il potere di far valere in forma collettiva i propri diritti è concretamente nelle mani di ogni cittadino. Il principio alla base è di una semplicità e logica inattaccabile: se io singolo consumatore intento causa a una multinazionale, probabilmente in tribunale sarò distrutto. Ma se mi associo a decine di migliaia di consumatori vittime della stessa ingiustizia, posso anche spuntarla.
PROVVEDIMENTO PER POCHI
Laver inserito il provvedimento allinterno del codice del consumo ne ha circoscritto lapplicazione solo a contenziosi di natura contrattuale: in parole povere, se unindustria inquina un territorio abitato causando malattie alla popolazione, non potrà essere fatta oggetto di una class action, perché il danno arrecato non rientra certamente nel novero di accordi contrattuali disattesi. Ricordate Erin Brokovich? Scordatevela pure. La discendente italiana di Julia Roberts non potrà mai raccogliere adesioni per una causa legale tra le famiglie che vivono attorno a Marghera. Del resto non potrebbe neanche provare a raccogliere le lamentele dei clienti di un tour operator disonesto se non facesse prima parte di unassociazione dei consumatori appartenente al Cncu (Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti). Perché il punto peggiore dellintero provvedimento sta tutto qua: il ministro Bersani ha dato a suo tempo il potere di intentare la class action alle sole associazioni che fanno parte di un consiglio da lui stesso presieduto (e che attraverso i fondi delle multe dellAntitrust finanzia generosamente: 47,7 milioni di euro elargiti a pioggia negli ultimi 5 anni). Significa che le associazioni dei consumatori avranno sempre più potere, significa che il ruolo dei cittadini sarà praticamente ridotto a zero, significa che si potrà solo aderire e non promuovere.
PLAUSO DEL CNCU
Di fronte a una così palese violazione dei principi alla base della class action originale ci si sarebbe aspettati una sollevazione da parte delle stesse associazioni dei consumatori. Solo in poche invece hanno sottolineato i punti deboli. Carlo Rienzi del Codacons ha dichiarato che «è stato approvato un pastrocchio. Non cè danno punitivo e i consumatori potranno avere un risarcimento solo se giovani, visto che dovranno aspettare almeno 20 anni prima di poter avere una liquidazione dei danni». Ciò nonostante il Codacons non ha affatto ripudiato la class action: sul suo sito ne viene promossa una per 120mila medici che potrebbero vedersi rimborsati gli anni di studio per la specializzazione. Già, ma quando? Non si sa. E comunque, secondo i calcoli dello stesso Codacons, almeno tra 20 anni, appunto.
Molte invece le associazioni che hanno preferito trincerarsi dietro litalianissimo slogan delle occasioni perse: «In fondo, meglio di niente». «Siamo molto soddisfatti» commentò il presidente dellAdoc Carlo Pileri.
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