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Consulenti informatici da 16mila euro al giorno

Consulenti informatici da 16mila euro al giorno

Il passaggio dalla carta al digitale nella pubblica amministrazione può portare risparmio di tempo, burocrazia e denaro. Ma se mancano le professionalità per farlo, con l'affidamento di moltissimi servizi informatici all'esterno, e se i software non vengono tutti condivisi, ma ogni ente acquista, sviluppa e fa manutenzione da sé dei suoi programmi, la spesa può diventare elefantiaca e i tempi del passaggio lunghissimi: 133 milioni se ne vanno ogni anno dalle casse regionali per gestire i servizi di base del digitale. Significa 430mila euro ogni giorno lavorativo. Solo nelle tasche dei consulenti informatici finiscono quasi cinque milioni di euro. Ogni giorno la spesa per gli esperti tecnologici comporta per i cittadini delle Regioni un esborso di 16mila euro. E molte amministrazioni non hanno ancora nominato il responsabile della transizione al digitale, previsto dal Codice per l'Amministrazione digitale risalente addirittura al 2005, per quanto modificato fino al 2017. Il ministro Giulia Buongiorno ha inviato a ottobre una circolare per sollecitare le amministrazioni alle nomine. E proprio per spingere le Regioni a velocizzarsi, il 13 febbraio L'Agenzia per l'Italia Digitale (Agid) ha costituito con il ministro una Conferenza ad hoc «per supportare concretamente Regioni e gli altri enti pubblici nel complesso processo di digitalizzazione». Accordi specifici sono stati siglati da Agid con Abruzzo, Lazio, Sardegna e Puglia. Si aggiungeranno le altre Regioni.

Il governo centrale sostiene chi fa fatica: «Non vogliamo che nessuno rimanga indietro», ma la digitalizzazione è ancora un ambito non abbastanza condiviso tra le venti sorelle: lo strumento dell'open source, che dovrebbe consentire alle Regioni di mettere a disposizione i propri software, o di cercare software «aperti» per fare economia su licenze e manutenzione, è ancora poco utilizzato. Lo scorso anno Agid e Team Digitale hanno emanato le «Linee Guida sull'Acquisizione e Riuso del Software». A breve saranno pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Le amministrazioni dovranno sempre motivare l'utilizzo di software non «open source», aperti, e dovranno rendere libero l'accesso ai propri. Se i servizi delle Regioni sono più o meno simili, perché spendere denaro pubblico in repliche di programmi digitali quasi sovrapponibili? Anche le spese informatiche, che pure dovevano viaggiare nell'ottica del risparmio, sono diventate oggetto di spending review: nel triennio 2017-2019 le pubbliche amministrazioni dovrebbero aver ridotto del 50% questo impegno economico.

Computer, attrezzatura informatica, acquisto e sviluppo software sono l'oggetto dell'ottava puntata del Giornale sulle spese delle Regioni, valutate dalla Fondazione Gazzetta Amministrativa in base ai dati registrati dal sistema Siope della Banca d'Italia.

Nel 2017 le Regioni hanno noleggiato o acquistato hardware, quindi macchine informatiche, per oltre 10 milioni di euro, cifra che arriva a 13 milioni con il materiale più minuto. Il Lazio da solo ha speso oltre 3 milioni per Hardware N.A.C Rating BB, «spesa eccessiva» - a cui si aggiungono 871mila euro in tablet e dispositivi di telefonia fissa e mobile. Significa 10mila euro di spesa ogni giorno lavorativo per attrezzatura digitale. Nel 2018 taglio a 726mila euro, anche se 10 milioni sono stati spesi in server.

Sempre per gli apparecchi, deve migliorare anche la Liguria, che nel 2018 ha investito in Hardware N.AC. un milione 549mila euro. Rating B, «fuori controllo». L'anno successivo l'impegno economico è stato quattro volte più basso.

In Lombardia le spese regionali per acquisto e sviluppo dei software hanno superato nel 2017 i 30 milioni di euro. Nonostante una netta riduzione rispetto al 2016, gli investimenti per acquisti di software sono giudicati «fuori controllo» da Gazzetta Amministrativa. Nel caso della voce acquisti, spiega la Regione al Giornale, si tratta di un investimento «una tantum», per «garantire il voto elettronico nel referendum consultivo per l'autonomia del 22 ottobre 2017». Nei venti milioni di sviluppo rientrano tutti i servizi di informatizzazione della Regione, sempre impegnata «nel processo di digitalizzazione e semplificazione». Possono migliorare in uscite per sviluppo software, secondo il rating, anche Veneto e Toscana, che superano i 7 milioni di euro ciascuna (qualche miglioramento per entrambe nel 2018).

L'affidamento all'esterno di servizi informatici rimane una pratica ancora troppo diffusa. Il procuratore generale della Corte dei Conti per il Molise, Stefano Grossi, nel suo rendiconto sull'esercizio finanziario 2017 della Regione, aveva sottolineato «il perdurare» degli affidamenti «di servizi informatici-informativi a società private...».

Capitolo consulenti: il Piemonte, piuttosto virtuoso nel digitale, ha speso però nel 2017 541mila euro in professionisti esterni. Più di 1.

700 euro al giorno.

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