Gian Marco Chiocci
Quando si parla di Nassirya e di militari italiani morti ammazzati, le coincidenze hanno il loro peso. E non è un caso che, proprio in concomitanza con recenti acquisizioni informative della polizia irachena su unimminente recrudescenza della guerriglia locale legata allevolversi della situazione politica italiana, i nostri militari siano stati costretti a innalzare il livello di allerta. Invano, purtroppo.
Cerano state avvisaglie. Segnali precisi. Cera la consapevolezza che stavolta le voci di un attentato imminente «contro gli italiani», raccolte dagli 007 iracheni tra le fonti annidate nelle sacche più irriducibili della guerriglia, erano fondate anche perché direttamente riconducibili allintenzione di esercitare una pressione sul nuovo governo italiano i cui esponenti, in campagna elettorale, a più riprese serano espressi per un ritiro immediato dallIrak. Tre diverse «soffiate» hanno confermato quel che da tempo si va dicendo su un possibile «asse del male» fra Irak e Italia, eterodiretto da personaggi della resistenza irachena vicini alla nebulosa antimperialista nostrana. Gente in contatto sia con i soliti noti che dallItalia si sono mossi per andare a immolarsi nella causa jihadista (molti dei quali già al seguito del capo dei miliziani Al Kharfas Aws Mohammad), sia con i nomi notissimi che si sono affacciati alle riunioni di Assisi, che girano il Bel paese in cerca di fondi e nuovi supporter nei centri sociali, nelle organizzazioni pseudopacifiste, in alcune Ong di comodo, tra i seguaci del Campo Antimperialista (fautore della campagna internazionale «10 euro per la resistenza irachena») e di alcune sigle dellantagonismo marxista-leninista (dai Cpc veneti e pugliesi al C.A. Malgo Zonta fino a Soccorso popolare) che fanno dellantimperialismo e dellanticapitalismo il proprio grido di battaglia.
Colpire gli italiani, «solo gli italiani» recita una delle più recenti informazioni intercettate. La coincidenza con il ricambio di governo, secondo quanto riferiscono uomini della sicurezza irachena, andava raccolta nella speranza di sortire un nuovo effetto Zapatero. Colpire prima delle elezioni avrebbe potuto comportare anche il rischio di un effetto boomerang, nel senso di rafforzare il governo Berlusconi sulla falsariga di quanto accaduto con Blair allindomani dellattacco di Londra. Così si è aspettato il momento giusto, il governo giusto, il passaggio del blindato giusto. E si è dato lordine di uccidere in concomitanza, giustappunto, con le polemiche che da giorni tengono banco in Italia sulleventualità di un ritiro immediato del nostro contingente. Un ordine perentorio. Un messaggio preciso. Al quale potrebbero seguirne altri dello stesso tenore qualora il messaggio non dovesse venir recepito e limpasse non si dovesse sbloccare.
Quale sia la manina che da mesi, in loco, coordina liniziativa della guerriglia in collegamento con soggetti riconducibili ai comitati «per lIrak libero» non è dato sapere. Vi sono sospetti fortissimi su una pluralità di soggetti, ivi compresi alcuni esponenti legati ai più influenti imam sciiti, a loro volta in contatto con membri dellIraqi National Alliance che hanno in Awni Al Kalemji (portavoce dellAlleanza Patriottica Irachena) e Jawad Sammi Alaà i referenti ufficiali in Europa, e in Shawkat Khazindar uno dei promotori del vecchio progetto del Fronte di liberazione nazionale. Sono quattro i nominativi top secret più accreditati quali «ufficiali di collegamento» lungo lasse Roma-Nassirya.
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