La contessa «gotica» che metteva i brividi alla regina Vittoria

La recente pubblicazione di due misconosciuti classici come Vendetta! (Gargoyle) e Ziska. La strega delle piramidi (Castelvecchi) favorisce la riscoperta di Marie Corelli (1855-1924), autrice considerata fra le madrine della letteratura gotica e horror soprannaturale britannica. Una narratrice di razza di cui si sono perse le tracce nel tempo, forse a causa dei numerosi detrattori della sua produzione, considerata troppo «popolare». Joseph Conrad in più di un’occasione stroncò pesantemente la narrativa della Corelli arrivando a sostenere nel Natale 1898 (in una lettera a sua sorella) che «il suo lavoro non possiede qualità durature, il suo pensiero è convenzionale e lo stile è privo di raffinatezze» così come quello di altri due autori come Grant Allen e Hall Caine: «tre autori molto popolari e molto gonfiati dalla stampa».
Marie Corelli pubblicò in vita 31 titoli e il più fortunato di questi, The Sorrows of Satana (1895) superò le 60 ristampe, ispirando nel 1926 l’omonimo film di David W. Griffith. I suoi libri arrivarono a vendere più di 100mila copie l’anno, battendo autori contemporanei come H.G. Wells e Arthur Conan Doyle. Nata dall’unione illegittima tra la giovane cameriera Elizabeth Mills e il giornalista e poeta scozzese Charles Mackay, intorno ai trent’anni Mary Mackay (questo il suo vero nome) s’inventò una nuova identità, assumendo quella di Marie Corelli, fantomatica figlia di un conte italiano, e cercando di sbarcare il lunario con poco successo come violinista. La sua strepitosa avventura editoriale iniziò nel 1886 con The Romance of Two Worlds e The Story of One Forgotten.
Il primo romanzo, riproposto dieci anni fa da Venexia Editrice con il titolo L’idillio dei due mondi, narra le vicende di una giovane pianista malata di nervi che viene salvata e curata dal maestro caldeo Heliobas e ripropone tematiche spiritistiche e teosofiche che erano molto in voga sul finire dell’Ottocento. Il secondo romanzo, tradotto come Vendetta! è dedicato invece al conte Fabio Romani, sepolto vivo dalla sua famiglia che lo ha dato per morto a causa del colera. Riemerso dalla tomba in una Napoli spettrale, il giovane nobile riuscirà a vendicarsi di chi volontariamente lo ha cancellarlo dalla faccia della terra. In quest’opera emergono forti echi della narrativa di Edgar Allan Poe (La sepoltura prematura) e Alexander Dumas (Il conte di Montecristo), ma la Corelli mostra anche un’originale e personalissima voce che non casualmente stregò i suoi contemporanei.
Particolarmente affascinante è Ziska. La strega delle piramidi, del 1896, che narra le peripezie del pittore e avventuriero Armand Gervase, il quale scopre che il suo quadro più celebre rappresenta la misteriosissima principessa Ziska, donna che lui non ha mai incontrato ma che gli spiegherà di avere con lui un rapporto eterno quando i due si incroceranno al Cairo all’ombra della piramidi. Anche qui si ritrovano facilmente tracce di ispirazioni attinte da Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde ma soprattutto da Lei (o La donna eterna) di Henry Rider Haggard, e la Corelli in particolare mostra grande dimestichezza nel descrivere luoghi esotici come il Cairo che le permettono anche lunghe digressioni sullo spirito coloniale inglese dell’epoca.
La Corelli fu a lungo la scrittrice preferita dalla Regina Vittoria (che si faceva sempre portare in anteprima i suoi romanzi), di Margherita di Savoia e di Elisabetta d’Austria e ad ammirarla per il suo stile e il suo carattere furono anche il poeta Alfred Tennyson e due insospettabili uomini politici come William Ewart Gladstone e Randolph Churchill. Di abitudini eccentriche, Marie Corelli dal 1901 si trasferì nella suggestiva Mason Croft di Stratford-upon-Avon, luogo in cui difese personalmente dall’abbattimento sia l’antico borgo che la casa natale di William Shakespeare. La scrittrice soleva uscire di casa adornata di rose e sovente compiva escursioni sul fiume Avon a bordo di una gondola che si era fatta spedire da Venezia.

Henry James le tributò tutto il suo affetto sostenendo che «aveva un dono per i ritratti, le descrizioni sceniche, le caratterizzazioni dei personaggi e la capacità di mantenere viva la suspense. Anche se è abitudine deriderla, io trovo i suoi libri affascinanti e assolutamente coinvolgenti».

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