Roma - Onorevole Alfredo
Mantovano, il problema sicurezza
è forse il primo sul
tavolo del governo. Quali
sono i nodi principali?
«Le priorità mi sembrano
quattro. Le prime due sono
il contrasto dell’immigrazione
clandestina, quella degli
extracomunitari e quella
dei cittadini Ue, in particolare
romeni. Poi, l’effettività
della pena e la funzionalità
del sistema sicurezza».
Come vanno affrontate?
«Cominciamo dall’ultima,
che non richiede modifiche
normative. Vanno colmati i
buchi nel bilancio della sicurezza
lasciati dal governo
Prodi, che l’ha decurtato di
1 miliardo e 600 milioni di
euro. Le ricadute sull’operatività
quotidiana delle forze
di polizia sono pesanti, basti
pensare alle auto ferme senza
benzina. Dobbiamo ripristinare
almeno gli standard
del 2006, sennò i grandi proclami
sono inutili».
Serve il reato di immigrazione
clandestina?
«È uno dei punti in discussione
da tempo, ma la cosa
più importante è la certezza
dell’espulsione dei clandestini,
con l’accompagnamento
nei Paesi d’origine.
Bisogna verificare se il nuovo
reato sarebbe funzionale
a questo obiettivo».
Come si fa a rendere reali i
rimpatri, senza ridurli a
inutili fogli di via?
«Ci vuole la piena funzionalità
della legge Bossi-Fini. Innanzitutto,
riapriamo i tre
Cpt che il governo Prodi ha
chiuso, a Crotone, Ragusa e
Brindisi. Così sarebbero 15
in tutto, necessari per trattenere
i clandestini il tempo
necessario all’identificazione,
senza che si dileguino».
Che altro?
«Il precedente governo non
ha modificato la Bossi-Fini,
ma l’ha di fatto sabotata recependo
alcune direttive Ue
interpretate in modo estensivo.
Due esempi. Il ricongiungimento
familiare, che
la Bossi-Fini limitava a coniuge,
figli e genitori in casi
particolari, è stato concesso
anche a zii, cugini, nipoti. In
pratica tutti i familiari. E visto
che parliamo di Paesi
d’origine dove a volte non
esiste neppure l’anagrafe,
ciò comporta molti abusi,
perché le parentele spesso
non sono verificabili. Ecco
perché bisogna tornare al
nucleo familiare stretto».
Il secondo esempio?
«Tre quarti dei clandestini
non è arrivato in Italia via
maremacon un visto turistico
di tre mesi. Allo scadere
sono rimasti, ma il visto dà
almeno la possibilità di identificarli
se vengono fermati.
Ora, invece, è stato eliminato
il visto per soggiorni sotto
i tre mesi e questa è una
manna per gli irregolari».
L’allontanamento dei cittadini
comunitari, come i romeni,
su quali basi può avvenire?
«Ci vuole una rinegoziazione
della direttiva Ue sulla libera
circolazione delle persone,
ma i tempi certo non
saranno brevi. Nel frattempo,
però, si possono introdurre
dei criteri nel decreto
che la recepisce, ad esempio
l’obbligo di dichiararsi
all’entrata nel
nostro Paese. Il principio
è che nessuno
può entrare senza
manifestare la sua
presenza. Certo,
bisognerà evitare
di colpire solo gli
onesti».
E l’accertamento
del reddito
minimo di sussistenza
previsto
da una norma
Ue?
«La direttiva è
stata recepita
in modo blando,
nonprevede
il rimpatrio,
ma solo
la consegna
del foglio di
via. Ciò che
conta è rafforzare
la cooperazione
con i Paesi
d’origine, per
rendere effettivo
l’allontanamento».
Quarto punto:
come garantire
l’effettività della pena?
«Inasprire le pene per i reati
che creano allarme sociale
serve,maper i recidivi bisogna
anche rendere più difficile
l’accesso ai benefici
carcerari ed escludere le attenuanti».
Più processi per direttissima
per chi viene preso in
flagranza di reato?
«Già per tanti reati questo è
possibile e e bisogna stare
attenti a non ingolfare il funzionamento
del sistema aumentando
i casi. Piuttosto,
eliminerei tanti formalismi
inutili che poco hanno a che
fare con le garanzie: come
per le notifiche, dove basta
un piccolo errore a far scarcerare
un delinquente, vedi
il caso di Padova.
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