Il contropiede di Gattuso nazionale della letteratura

Mancini: «La squadra è ancora imballata, non abbiamo velocità e non riusciamo a spingere più di tanto»

Cristiano Gatti

I l messaggio è una contraddizione, più che una provocazione: Ringhio Gattuso, il calciatore operaio, la belva umana, promuove la letteratura. Postura molto pensosa, manina al mento, il mediano mondiale lancia nell'etere la sua meditazione: «Più ci penso, più capisco perché tutti dovrebbero leggerla». L'oggetto è una nuova storia della letteratura italiana, offerta da Panorama.
Sarebbe l'ultimo colpo di tacco dei creativi pubblicitari, una mossa che sta facendo discutere i settori Costume&Società. Ma tutto sommato non è poi così creativa, visto come in questa nazione chiunque per promuovere qualsiasi cosa pensi subito ai calciatori, meglio campioni del mondo. Del Piero e l'acqua minerale, Cannavaro e i salami, Gilardino e i motorini, più tutti gli altri che con sguardi tenebrosi e muscolature oleate convincono il mercato a comprare profumi, vestiti, bella vita. Questa di Ringhio ha se mai l'evidente ambizione di sconvolgere, di stupire, di spiazzare. Un po', di scandalizzare. Siamo nel genere estremo, come quando i jeans già blasfemi per aver utilizzato il nome di Gesù venivano esibiti da un galattico sedere femminile. Tecnica pubblicitaria uguale. L'azzardo starebbe nell'accostare due termini così opposti: il lieve mondo delle lettere, il feroce prototipo muscolare. Sottotitolo: la letteratura è di tutti. Persino di un personaggio come questo, che sapete bene quale razza di letterato sia.
È decisamente un passo avanti rispetto alla famosa campagna del Cepu, dove nessuno si sognava di giocare sull'antitesi, ma anzi si giocava sull'accostamento dei simili. Il messaggio sfruttava certo la popolarità dei calciatori, ma in modo subliminale faceva chiaramente intendere una cosa fondamentale: guarda, con Cepu si laureano proprio tutti.
Gattuso comunque ne esce benissimo. Usato come prototipo di popolarità, ma soprattutto celentanamente come re degli ignoranti, si presta ad assolvere un ruolo nobilissimo, del quale l'umanità ha eternamente bisogno: la divulgazione. Leggere Cervantes e Tolstoi, Voltaire e Hugo, Goethe e Leopardi, ma anche l'Allende e la Fallaci, non è un esercizio proibito, non è un'operazione impossibile, non è una fatica immane. Questo lo dicono i critici stupidi, ma soprattutto i potenti subdoli, che da sempre temono il contatto tra la gente comune e il pensiero, il sentimento, l'emozione. In altre parole, tra l'uomo e la sua testa. Se anche Gattuso può aiutare a rompere questi dogmi assurdi, se anche Gattuso lancerà una mattonata contro i muri della cultura inaccessibile, ancora una volta potrà dire d'aver servito bene il suo Paese e la sua bandiera, come un mese fa sui campi tedeschi.
Caso mai, nel momento d'incassare per il servizio reso, si ricordi almeno di ringraziare Moggi. Se il mercato e l'opinione pubblica hanno tanto bisogno di simboli come Gattuso, italiano che sta al suo posto, che lavora per il bene comune, che è arcigno senza essere carognetta, se abbiamo tutti quanti così bisogno di simboli sportivi che siano cioè presentabili, il merito - la colpa - è degli altri, di quelli che l'Italia sportiva l'hanno svenduta e vilipesa sottobanco.


Quanto al dibattito culturale in corso, non deve imbarazzarsi, il rude Ringhio, di fronte alla curiosità un po' radical-chic e un po' razzista che lo investirà per la stravagante campagna pubblicitaria. Vada sereno, busto eretto. Ai finti colti che chiederanno scandalizzati «perché Gattuso?», semplicemente risponda come risponderebbe un umile e sapiente uomo di lettere: perché no?

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