Contrordine: ai topi non piace il formaggio

«La presunta predilezione per il groviera è solo una convinzione popolare»

Lorenzo Amuso

da Londra

Animali ingabbiati nei pregiudizi umani, tra luoghi comuni e leggende metropolitane. Una moltitudine di false credenze, indiscriminatamente accettate dai più come «vere e incontestabili», che ormai neppure la scienza sa come confutare. Esperimenti in laboratorio, rilievi statistici, raccolte di dati che naufragano miseramente di fronte a presunte certezze - frequentemente infondate - del pensiero moderno. Laiche obiezioni destinate a rimanere inascoltate, impotenti - per esempio - rispetto all'autorità della superstizione quando emette la sua fatwa ai danni dei gatti neri portatori di iella. Pura scaramanzia. Ma tanto basta per decidere l'inversione di marcia quando un felino bruno ci attraversa la strada. Nascono e si diffondono così convinzioni che contraddicono anche elementari leggi della natura. Il pensiero umano può anche questo. Come restare ingannato da un cartone animato, e convincersi che i topi impazziscano per il formaggio, meglio ancora se groviera. Niente di più sbagliato.
Ad affermarlo è una ricerca britannica, che contesta la dieta prediletta del celebre topolino Jerry, quello di Tom & Jerry. I piccoli roditori - sostengono gli esperti in comportamentismo animale della Manchester Metropolitan University - hanno gusti ben diversi, e preferiscono alimenti con un’alta percentuale di zuccheri, come i cereali e la frutta. «È evidente che la supposizione che ai topi piaccia il formaggio è un credenza popolare - spiega il professor David Holmes, uno degli studiosi che ha condotto lo studio -, nella storia della loro evoluzione non hanno quasi mai mangiato il formaggio, o qualcosa che gli assomigliasse, per la semplice ragione che il formaggio non è un alimento che possono trovare nel loro ambiente naturale». Insomma, al formaggio, i topi preferiscono il cioccolato.
Ma quello sui loro gusti alimentari non è l'unico falso mito che li insegue. Si è sempre detto che i topi, anche i più piccoli, sarebbero capaci di spaventare addirittura gli elefanti. Altro abbaglio, nato ai tempi dei romani, quando gli elefanti - raffigurazioni viventi della potenza bellica - si dimostravano impavidi in guerra, ma scappavano al solo sentire lo squittio di un topo. Eppure anche in questo caso non mancano le giustificazioni: tanto mastodontici quanto diffidenti, gli elefanti reagiscono con paura alla vista o all'udito di ciò che non è loro familiare. Poteva essere un topo, come una foca, o un orso polare. Sarebbero comunque fuggiti.
Pare non esserci animale che non sia accompagnato da racconti favoleggianti. Una letteratura fantasiosa che investe squali, pinguini, delfini, topi. Sui gatti ci si sbizzarrisce: hanno sette vite, cadono sempre e comunque sulle quattro zampe, non sanno nuotare. Tre falsità. Provenienti in origine dalle pianure dell'Eurasia centrale, è inevitabile che non abbiamo dimestichezza con l'acqua. Eppure studi specifici hanno dimostrato che, se abituati fin dalle prime settimane di vita, anche i gatti sanno galleggiare. E alcune specie in natura, come il Gatto di Bengala scoperto in Nepal, sono note non solo per saper nuotare ma anche per la loro abilità nella pesca. L'American Society for the Prevention of Cruelty to Animals, inoltre, da tempo si batte per sconfiggere il convincimento secondo cui la loro proverbiale agilità li protegga in ogni capitombolo. Le fratture alla mascella e al bacino sono gli infortuni più frequenti per i felini maldestri. Colorate anche le leggende che circondano gli abitanti del mare. Una ricerca condotta dal Florida Museum of Natural History ha smentito che gli squali non dormano mai. Il loro organismo, piuttosto, è predisposto per garantire l'approvvigionamento di acqua ricca di ossigeno per respirare in ogni stato. Mentre l'organo che governa il loro nuotare, situato nel midollo spinale, consente loro di spostarsi anche quando privi di sensi. Se i ricercatori della Plymouth University hanno riscattato i comunissimi pesciolini rossi, dotati sì di una minima capacità mnemonica, è l'intelligenza dei delfini ad uscire ridimensionata dagli studi scientifiche.

La grossa massa cerebrale dei mammiferi acquatici - sostengono gli esperti della University of the Witwatersrand di Johannesburg - è composta in maggioranza da cellule gliale e non neuroni, e funziona soprattutto come regolatore della temperatura del cervello nei mari freddi.

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