Stefania Scarpa
Ultime notizie sull’economia regionale. E per niente buone: «Il Lazio è una regione con un elevato tasso di formazione ma mancano le imprese che fanno ricerca. Ci vuole un trait d’union tra ricerca e formazione». È l’appello lanciato da Andrea Mondello, presidente di Unioncamere Lazio nel corso del convegno «Ricerca, innovazione e formazione: una virtuosa messa a sistema per uno sviluppo competitivo del Lazio» organizzato da Confindustria Lazio al Tempio di Adriano. Un grido d’allarme subito rilanciato dal presidente della Regione Piero Marrazzo. Che anzi rincara la dose: «Il Lazio - denuncia il governatore - è una delle Regioni più chiuse d’Europa, dove le Pmi registrano il tasso di innovazione più basso e dove la spesa per i propri studenti è la più bassa d’Italia». E poi: «Il Lazio è una Regione che deve aprirsi alle esportazioni in Europa, ma, soprattutto, nel resto del mondo. Questo non può accadere se non si sviluppano delle strategie: in primo luogo l’innovazione». Quindi? Quindi «le cose devono cambiare, il Lazio non può più essere la regione delle piccole e medie imprese che non investono nell’innovazione, non può essere la regione che investe 361 milioni di euro in tre anni per l’innovazione, ma polverizzati in 11mila interventi. È questo che ha fatto del Lazio la Regione con un tasso di internazionalizzazione tra i più bassi, il Lazio - ha ammesso Marrazzo ripetutamente - è una delle regioni più chiuse d’Europa».
I conti però non tornano. A farlo notare è il candidato sindaco di An Gianni Alemanno: «Le parole di Marrazzo arrivano dopo pochi giorni dall’esaltazione da parte di Veltroni del “modello Roma” come il più sviluppato e trainante di tutto il Paese. Governatore e sindaco dovrebbero allora mettersi d’accordo, visto che la città di Roma produce più della metà della ricchezza economica della Regione, con un Pil che da solo rappresenta il 63 per cento di quello regionale». «Se Roma è trainante - prosegue Alemanno - è impossibile immaginare il Lazio come “una delle Regioni tra le più chiuse d’Europa”. Evidentemente la sinistra cerca di sostenere un teorema inverosimile: ascrivere ogni merito dei risultati di Roma alla giunta Veltroni, e tutte le negatività della stessa città alla Giunta Storace».
Ma torniamo al convegno. E a Mondello, che ieri ha cercato di sfatare qualche luogo comune sull’economia laziale e italiana in genere: «Piccolo non è sempre bello». «Dobbiamo avere il coraggio di spiegare - afferma il presidente di Unioncamere - che se non vogliamo rinunciare alla capacità di competere sui mercati internazionali servono imprese di grandi dimensioni, senza ripetere le solite banalizzazioni sul fatto che piccolo è bello. Abbiamo speso molte parole e purtroppo in Italia non sono seguiti i fatti. Occorre pensare e agire, ma uscendo dai luoghi comuni». Secondo Mondello le aziende di piccole dimensioni del Lazio «non hanno possibilità di fare ricerca: le piccole imprese possono fare innovazione solo se lavorano con le grandi imprese. E nel Lazio abbiamo mancanza effettiva di grandi imprese che fanno innovazione. Dobbiamo fare un salto di qualità».
E il presidente di Confindustria Lazio, Giancarlo Elia Valori, ha la ricetta: «Un patto per l’innovazione e per la ricerca che sostenga la ripresa dell’economia che parta dal Lazio ma sia replicabile nel Paese».
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