da Milano
La prima diagnosi non sembrava lasciare scampo: 4mila posti di lavoro bruciati in agosto negli Stati Uniti, segno inequivocabile che anche il mercato del lavoro era stato contagiato dalla crisi del credito. Non era vero. A volte, le statistiche sono un po bislacche e sembrano raccontare storie di un universo parallelo. Perché la Corporate America, nonostante tutto, continua ad assumere più che licenziare. Lo dicono gli ultimi dati sfornati ieri dal dipartimento del Lavoro Usa. La seconda misurazione della temperatura occupazionale suona come un contrordine: in agosto non solo non cè stata perdita di impieghi, ma ne sono stati creati 89mila. E ancora: verso lalto è stato rivisto anche il dato di luglio (da 68mila a 93mila), al quale vanno aggiunti i 110mila nuovi posti di lavoro di settembre.
Insomma, loccupazione a stelle e strisce, da cui dipendono in buona misura le sorti dei consumi privati (e quindi dellintera economia), non è poi così zoppicante, né si rispecchia nei tagli del personale che colpiscono le aziende rimaste più direttamente esposte al virus dei subprime. Gli economisti fanno notare che lAmerica non è ancora in grado di assorbire la domanda mensile di lavoro, pari a 150mila unità, ma in ogni caso le nuove rilevazioni mal si incasellano in quella sorta di puzzle recessivo che analisti e mercati stanno faticosamente cercando da tempo di decifrare tanti sono i pezzi che lo compongono. Anzi. Semmai, quei dati rilanciano le possibilità di un atterraggio morbido delleconomia Usa, ipotesi puntualmente registrata ieri da Wall Street, dove gli indici hanno corso per lintera seduta e spinto lo Standard & Poors fino al record storico a 1557 punti grazie anche alle parole di George W. Bush. Il presidente ha parlato di uneconomia «forte e vitale», pur invitando il Congresso a non alzare le tasse per evitare di compromettere la crescita.
Il rally della Borsa di New York poggia sulla convinzione in base alla quale la Federal Reserve taglierà ancora i tassi, dopo la riduzione di mezzo punto decisa il mese scorso, nonostante la buona situazione del mercato del lavoro. È la stessa scommessa condivisa dal mercato valutario: dopo essere sceso fino a un minimo di 1,40, leuro ha recuperato posizioni chiudendo la giornata a 1,4144. Questo livello è fonte di preoccupazione per molti governi del Vecchio continente, decisi ad alzare la voce in occasione del prossimo G7.
Se la Bce, dovendo da un lato fronteggiare le spinte inflazionistiche ed evitare dallaltro ripercussioni negative sulle crescita, sarà forse costretta a rimandare al 2008 lappuntamento con la stretta monetaria, la Fed di Ben Bernanke sembra invece disporre di spazi per allentare di un altro quarto di punto il costo del denaro entro dicembre.
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