Marco Morello
Seconda giornata di lavori oggi al policlinico Gemelli per il «Cardiology forum», il convegno che si propone di analizzare le prospettive di un settore delicato e di fondamentale rilevanza sociale. Ad avvicendarsi nellaula magna i nomi più illustri del panorama italiano: tra essi, in veste di coordinatore, anche Filippo Crea, direttore della cattedra di Cardiologia delluniversità Cattolica. «Il quadro che abbiamo di fronte è in continuo mutamento - esordisce il professore -. Lincidenza dellinfarto sulla mortalità si è ridotto, eppure la malattia continuerà a prosperare. I motivi sono due: anzitutto è aumentata letà media. Stiamo differendo linsorgenza del problema, ma alla fine se non arriverà a 60 anni lo farà a 80. Laltra causa riguarda i fattori di rischio: se il numero dei fumatori sta via via scendendo, assistiamo a unepidemia spaventosa di obesità. È incredibile: è come se nel nostro cervello ci debba sempre essere qualcosa che viene gratificata da stimoli sbagliati, e se ne sconfiggiamo uno ne subentra subito un altro». Uno studio ha dimostrato che il 90 per cento degli infarti è legato a fattori ambientali, mentre lereditarietà incide soltanto per un dieci per cento. Se già in età pediatrica si riuscissero a smantellare i comportamenti dannosi il cuore ne trarrebbe il massimo giovamento e linfarto sarebbe cancellato dalla faccia della terra. «Sarebbe come il vaccino che ha sterminato il vaiolo - chiosa Crea -. La generazione attuale non avrà questo vantaggio, la prossima dovrebbe attrezzarsi per crearselo. Si può fare tanto sin da ora modificando il proprio stile di vita. Anzitutto con unattività fisica regolare, che è una medicina che ha una sola pecca, non costa nulla e quindi nessuno la compra. Poi privilegiando nella dieta frutta, verdura e pesce. Così il rischio dinfarto scende fino al 50 per cento».
Nel convegno la teoria non abbandona mai il lato pratico, come nellanalisi di Massimo Volpe, anche lui coordinatore dei lavori e direttore della cattedra di Cardiologia delluniversità La Sapienza. «Siamo qui non a caso - spiega -. Una settimana fa a Barcellona cè stato il più grande congresso di settore del mondo. A Roma ne stiamo amplificando le conclusioni per portarle anche al nostro pubblico di specialisti». E il più significativo traguardo che le cure cardiologiche possono vantare è laumento di 6 anni nellaspettativa di vita delluomo. In ogni caso le malattie cardiovascolari rimangono la prima causa di ospedalizzazione e di morte. «Questo fattore - puntualizza Volpe - diventerà un problema dal peso assolutamente enorme per i sistemi sanitari. Da oggi al 2020 ci si aspetta che il numero di infarti raddoppi, colpendo in misura maggiore le donne e gli anziani. Per evitare che ciò si verifichi lunica strategia efficace è la prevenzione. Mi rendo conto che quella primaria è molto costosa per la società, però essa va vista come una risorsa piuttosto che come un costo. I nostri sistemi sanitari si barricano dietro una serie di operazioni difensive che mirano a contenere la spesa preventiva, ma così si espongono a esborsi enormi per i pazienti cronici». Anche la ricerca è un punto dolente. Le istituzioni investono poco, mentre il settore industriale compie sforzi ingenti. Bisogna trovare un giusto compromesso tra i fini commerciali e gli interessi pubblici. «Il risultato è che paghiamo un approccio farmacologico datato - sostiene il professore -. Non cè quasi nessun medicinale nuovo in cardiologia da almeno 15 anni. I settori più volgari finiscono per essere trascurati e la responsabilità è anche del sistema dellinformazione, che amplifica ed enfatizza scoperte prive di ricadute pratiche».
Luigi Chiariello, direttore della cattedra di Cardiochirurgia delluniversità Tor Vergata, pone invece laccento sullimportanza delle cellule staminali: «Sono la grande aspettativa di tutta la medicina - commenta senza esitazioni il noto chirurgo -, il filone del futuro che darà tanti benefici. Ancora è presto per vedere i risultati, ma si sta lavorando nella giusta direzione». E questo senza inciampare in nessuna questione etica perché le cellule possono essere prelevate dal sangue periferico o dal cordone ombelicale. Nellattesa occorre operare scelte oculate con i mezzi che sono già a disposizione.
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