La conversione di Eliot, uno choc per i salotti

Nel giugno del '27 si fa battezzare secondo il rito anglicano L'anno dopo la professione di fede, che sconcerta la critica

Lo pigliarono per pazzo. Anno di grazia 1927, Thomas S. Eliot, l'autore del più influente poema del Novecento, The Waste Land , in cui decreta, incipit formidabile, che «aprile è il più crudele dei mesi», ritiene che giugno sia il migliore dei mesi per convertirsi: il 27, battezzato da William Force Stead, si affilia alla Chiesa d'Inghilterra. L'anno prima aveva redatto un'orazione intesa a esaltare il genio di Lancelot Andrewes (1555-1616), misconosciuto decano di Westminster, i cui sermoni, però, a giudizio del poeta, sono più belli di quelli di John Donne, la cui prosa, «assai più conosciuta, tuttavia secondo me dovrebbe occupare una posizione inferiore».

In quel saggio, Eliot afferma che «le chiese di Londra sono altrettanto preziose quanto le quattrocento chiese di Roma», che «la chiesa di St. Paul, paragonata alla basilica di San Pietro, non è da meno», che, insomma, «la Chiesa di Elisabetta è degna dell'età di Shakespeare». Il testo, nel 1928, fu radunato nella raccolta For Lancelot Andrewes , in cui il poeta fa la sua celebre professione di fede, ritenendosi «classico in letteratura, monarchico in politica e anglocattolico in religione». Eliot riuscì a sconvolgere fan e amici tutti: «Ha rigettato il modernismo per il “medievalismo”», lo accusò un giornalista dalle pagine del TLS (su cui, per altro, scriveva anche Eliot); Virginia Woolf scrisse a Stephen Spender che forse «Mr. Eliot ha intenzione di farsi prete», parere condiviso dal «miglior fabbro», l'amico e mentore Ezra Pound. I familiari avevano capito che qualcosa stava cambiando fin dal 1925, quando Eliot, durante una gita in Vaticano, s'inginocchiò, commosso, davanti alla Pietà di Michelangelo. Come è possibile che il poeta del disastro e della desolazione, il poeta degli Hollow Men , «gli uomini vuoti», «gli uomini impagliati» (parole che risuonano ancora nella bocca mefistofelica di Marlon Brando nel cuore di Apocalypse Now ), sia diventato un chierichetto? Siamo negli «anni di maggior adesione, da parte di Eliot, alle forze di destra» (Silvano Sabbadini), che sconcertano la critica con il colbacco, in cui il poeta critica il vacuo umanesimo («l'umanesimo è stato un fenomeno sporadico, il cristianesimo un evento continuo», in The Humanism of Irving Babbitt ), tenta di stilare L'idea di una società cristiana (così il celebre saggio del 1937), giustifica la dittatura («la libertà è importante, ma l'ordine è più importante», nel saggio su Machiavelli), strizza l'occhio al fascismo (in The Literature of Fascism , 1928: «Confesso una preferenza per il fascismo (...). Ritengo che la forma fascista di irrazionalità sia più prossima alle mie convinzioni del comunismo»), ha qualche sbandata antisemita (in After Strange Gods , del 1934, frutto di un ciclo di conferenze statunitensi, quando ammette che «motivi di razza e di religione si amalgamano fino a rendere indesiderabile un numero troppo vasto di liberi pensatori ebrei»). In questo contesto, è un documento importante la recensione ai libri del matematico Alfred North Whitehead, autore, insieme a Bertrand Russell, dei Principia Mathematica , scritta da Eliot proprio nel 1927, un testo pensato per The Enemy , la rivista di Wyndham Lewis, «il vecchio vulcano solitario della destra», secondo la didascalia di Wystan H. Auden, ma poi mai apparso. Il testo, che sarà pubblicato a fine ottobre nell'ambito dell'immane progetto editoriale The Complete Prose of T.S. Eliot , per Faber and Faber, come di consueto, ma anche dal Project Muse della Johns Hopkins University Press, e di cui offriamo un brano (tradotto dagli anglisti Cristiana Gobbato e Nicolò Barbieri) in questa pagina, si occupa del conflitto tra religione e scienza. Un problema pedante, per Eliot, dacché «il conflitto fra religione e scienza è un conflitto fra due spettri piuttosto fittizi - poiché io sono sicuro che la “religione” in astratto sia uno spettro, e sono incline a credere che anche la “scienza” in astratto lo sia». Il problema, piuttosto, è capire come la propria fede possa conciliarsi «con le convinzioni della geologia o dell'anatomia comparata».

Di fatto, insegna Eliot, è sbagliato fare di Dio un fantoccio da usare per le proprie personali speculazioni; come ergere la scienza a divinità moderna. Forse per primo, Eliot definisce il cristiano «tiepido», quello che va a Messa la domenica un po' coatto, con l'orgoglio di essere «uno che ne sa». Costoro «sono “religiosi” senza abbracciare alcuna religione; sono anche “scientifici”, in quanto credono devotamente nella più recente teoria di qualsiasi scienza particolare; e pertanto devono essere espulsi da qualsiasi congregazione di cristiani, buddisti, bramini, ebrei, maomettani o atei». Eliot si prefiggeva di essere il Sant'Agostino della Chiesa anglicana: è diventato il poeta più grande del Novecento. C'è da sbellicarsi, piuttosto, osservando come la critica ideologizzata, che parla per partito preso (secondo Elio Vittorini, Eliot «intellettualizzava» troppo, gli mancava «la saggezza che Hemingway ha dato al nostro tempo»), si dimeni quando deve considerare che i tre poeti più importanti del secolo sono un irlandese che crede nel paranormale (William B. Yeats), un americano riottoso e mussoliniano (Ezra Pound), un convertito esaltato (Thomas S. Eliot).

Affari loro.

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