«La convivenza prima delle nozze è inutile per la metà delle coppie»

(...) le nostre cause canoniche non coincidono, se non i parte, con quelli previsti dal Codice civile italiano. I capi di nullità predominanti riguardano l'esclusione dei figli dal matrimonio - motivo prevalente delle cause giunte in appello - l'indissolubilità del matrimonio e le problematiche psico-neurologiche e affettive».
A dispetto delle frequenti accuse mosse alla Chiesa cattolica di ingerenza nei confronti della laicità dello Stato, Monsignor Rigon sottolinea così il carattere e la missione prettamente pastorale del Tribunale ecclesiastico: «la presenza, oggi, dei tanti avvocati civilisti è per il nostro Tribunale una splendida occasione per farci conoscere per ciò che veramente siamo e non per le fantasie che spesso si leggono sui giornali: il Tribunale non deve reggere la concorrenza al divorzio, e credo che i numeri lo provino: nel 2009 sono state 130 le cause di prima istanza che hanno decretato la nullità di matrimoni e sono 189 le cause provenienti in Appello dal Tribunale ecclesiastico lombardo, di cui 170 confermate con sentenza affermativa, 19 riaperte e di queste 11, i cui verdetti sono stati ribaltati in appello, saranno esaminate in terzo grado dalla Sacra rota di Roma. Non esiste nessuna velleità di fare concorrenza alle migliaia di sentenze di divorzio che i tribunali liguri emanano ogni anno! Ancora più grave è leggere che “il Papa ha ragione perché si è concesso l'annullamento a mogli che rinfacciano al marito di essere un mammone, a mariti che si sentivano ingannati perché lei da fidanzata era dolcissima e dopo le nozze era diventata severa e fredda” e ancora “uomini che avevano chiesto alla futura moglie di smettere di fumare e lei non ha smesso”: si tratta di vere e proprie calunnie, che spesso generano gran confusione tra il concetto di “annullamento” e di “dichiarazione di nullità del matrimonio”».
Un'analisi sociologica attenta e delicata quella che il Vicario giudiziale porta avanti quando si tratta di affrontare il problema dell'indissolubilità del matrimonio, seconda causa di annullamento delle sentenze del Tribunale: «l'amore deve essere totale, fedele e indissolubile, senza riserve e senza ma, frutto di una scelta ponderata. Capita invece di trovarci di fronte a un atto di volontà simulatorio che va ben oltre la “mens divortiandi”, che si concretizza con il concetto dello sposarsi, ovviamente in chiesa, ma rifiutandone la caratteristica dell'indissolubilità ed anzi adottando l'ipotesi di ricorrere alla separazione o al divorzio per riacquistare la propria libertà». Le situazioni tipo sono le più disparate: dall'idea di salvare l'altro con il proprio amore in puro spirito da crocerossina, la convinzione che lo sposarsi risolva i problemi di coppia, il famoso «o ci lasciamo o ci sposiamo», la volontà di accontentare i famigliari con un bel matrimonio in chiesa o ancora, a seguito di esperienze famigliari pregresse, la convinzione che il divorzio sia l'unica alternativa possibile in un matrimonio che presenta problemi.
«In questi casi sarebbe meglio non sposarsi: non è difficile intuire che partendo già con l'idea che se le cose andranno male si potrà divorziare. L'impegno dei coniugi o del coniuge simulante è inficiato in partenza; oltre a non considerare la grazia sacramentale, l'impegno non potrà essere forte come chi è cosciente che il passo è irreversibile». «Tirata» d'orecchi anche alle coppie che scelgono la convivenza: in Italia il 50% dei giovani inizia la propria vita di coppia con una libera convivenza. Eppure il Vicario stronca con le statistiche la domanda, apparentemente sensata, se non sia più utile provare a convivere prima di sposarsi: «nel 45% delle nostre cause di nullità la coppia ha convissuto prima del matrimonio da pochi mesi fino a qualche anno». Non significa nulla, insomma. Anzi, spesso l'esborso economico che è dietro ogni convivenza rafforza la convinzione di doversi sposare per «aggiustare» un rapporto ed è condizionante a livello sociale in quanto il lasciarsi sarebbe vissuto come una «sconfitta».
Quest'ultima visione è spesso letta come una posizione retrograde della Chiesa: «In molti si chiedono come mai la Chiesa rimane ferma su posizioni che non sono al passo con i tempi: basterebbe che la chiesa dicesse qualche “sì” in più e guadagnerebbe in popolarità e consensi.

- l'Arcivescovo Angelo Bagnasco ricorda che già dieci anni fa lesse un articolo di un giornalista ateo che si poneva questo quesito - È una domanda giusta. Tuttavia, l'articolo, decisamente stimolante, si concludeva con un'altra domanda: “...e se avesse ragione la Chiesa?”: una risposta pertinente a domande intelligenti».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica