Un viaggio nelle tenebre del doping, più di mezzo secolo di «bombe», dalle fiale di Fausto Coppi, che Gino Bartali andava cercando nella spazzatura al termine della corsa, alle tragiche siringhe di Marco Pantani. Passando dal laboratorio di Lance Armstrong fino alle cifre ballerine della analisi di Contador.
Quello di Jean-Pierre de Mondenard, uno dei massimi specialisti mondiali di doping, ex medico della nazionale francese di ciclismo, è un viaggio nell'evoluzione dell'armadietto della farmacia delle maglie gialle: «33 vincitori di fronte al doping» è il suo libro, che sarà in commercio in Francia il 23 giugno.
La precisione di de Mondenard, che ha fatto di questo suo studio della storia degli stimolanti e dei farmaci per aumentare le prestazioni dei ciclisti una missione, è una garanzia per chi si immerge nelle 300 pagine di questa storia di uomini e medicine, uniti da un legame perverso. Ci sono le cifre di ognuno dei 33 protagonisti, altezza, peso, capacità polmonare, frequenza cardiaca e molto altro. C'è la cronaca, gli articoli dei giornali, poi ci sono le inchieste, le testimonianze, le confessioni a fine carriera e, infine, le ipotesi mediche.
Lo storico duello Bartali-Coppi assume un sapore tutto particolare con un campionissimo che, secondo de Mondenard, «fu il promotore del doping alle anfetamine». «Era già il più forte naturalmente - si legge nel capitolo dedicato al simbolo del ciclismo italiano - le anfetamine erano efficaci e il resto del plotone si trovò costretto ad imitarlo o a cambiare mestiere». E Gino Bartali? Qui c'è il ritratto del segugio alla ricerca ossessiva di fiale, ricostituenti, boccette, ogni traccia che rimanesse sulla scia del grande rivale. Perchè, nota de Mondenard, «come tutti gli sportivi, Bartali non immagina che gli avversari siano più forti di lui per qualità fisiche e fisiologiche, ma perchè hanno il prodotto-miracolo».
Dagli anni Cinquanta, caratterizzati dalla terribile «bomba», fatta di anfetamine, alcol, cardiotonici e altro, si arriva ai prodotti di laboratorio. Per rimanere agli italiani vincitori al Tour, si parla anche di Felice Gimondi, positivo al Giro nel 1968, poi al Tour nel 1975: «devo aver preso al mio passaggio, da qualche sconosciuto, un prodotto proibito. In buona fede, l'ho bevuto», fu la difesa del bergamasco. Suonano invece molto più tragiche, a sette anni dalla sua morte, le parole di discolpa di Marco Pantani: «sono un corridore pulito.
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