Coraggio, «Vogliamo anche le rose» dura soltanto un’ora e un quarto

Al cinema quanti sbadigli si possono fare in un’ora e un quarto? Dipende dal sonno arretrato, dalla distanza dall’ultimo pasto e, naturalmente, dal film. Con Vogliamo anche le rose, della giovane, ma non giovanissima, regista milanese Alina Marazzi, si rischia la lussazione delle mascelle. Tolto il cappello davanti alla pazienza dell’autrice, probabilmente cresciuta a Capanna e Antonioni, per la sua ammirevole ricognizione negli archivi, bisogna ribadire che questi settantacinque minuti sembrano un’eternità. La Marazzi, femminista per rabbia e per vocazione, ha immaginato tre diari di altrettante ragazze, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, infelici ma non rassegnate, e li ha messi neri su bianco. Che non è solo un modo dire, visto che le scene a colori sono in netta minoranza.
La milanese Anita trema: l’hanno invitata al primo ballo, che fifa. Avrebbe voglia di un bacio, magari di qualcosa di più, ma i suoi sono troppo all’antica. La sudista, trasferita a Roma, Teresa conosce meglio la materia, tanto da restare incinta: non le resta che l’aborto, clandestino, per gradire. La romana Valentina è una femminista dura e pura; che disdetta, mentre sta pomiciando con Francesco, l’avvertono: hanno gambizzato un ginecologo, dei più schifosi, che procuravano aborti in nero. Tutto qui, tra reperti di antiche trasmissioni tv, buffe figurine animate, immagini di cinegiornali d’epoca, interviste alla gente comune, sguardi nelle fabbriche-lager, carognesche cariche della polizia.

Tutto per dimostrare che la donna, perenne vittima dell’uomo, è sempre stata migliore di lui. Cara Alina Marazzi, siamo tutti pronti a sottoscrivere, purché lei la pianti coi documentari.

VOGLIAMO ANCHE LE ROSE (Italia, 2007) di Alina Marazzi. 75 minuti

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