Coraggioso, ambizioso, caparbio usa il sarcasmo come arma letale

di Massimiliano Lussana

Certo, le parole dell’altro giorno di Massimo Moratti sono difficilmente confutabili: «Gasperini? C’è una valutazione della persona che è serissima ed è un ottimo professionista. La valutazione è data da quanto ho visto in questi anni».
Ma se Moratti pensa che Gasperini sia tutto lì, forse non ha capito bene chi è il «Gasp». Anzi, il «Gasp!» con il punto esclamativo, una specie di personaggio da fumetto che merita una descrizione da personaggio da fumetto. E - così come nel calcio «Gasp!» gioca sempre all’attacco, ma appena affronta un fuoriclasse gli mette addosso due o tre marcatori con licenza di uccidere (metaforicamente, ovvio) - nella vita è di una mitezza verbale assoluta che però ben nasconde un carattere fumantino. E, allo stesso modo, nelle sue esternazioni è un’acqua cheta capace però di usare il sarcasmo come un’arma letale. Anche contro il suo presidente, come testimoniano i rapporti di amore-odio con Preziosi, altro personaggio da fumetto, che il «Gasp!» prese di punta due campionati fa per una campagna acquisti che non condivideva e continuò a prendere di punta lo scorso anno con ironie assortite sulla «campagna acquisti geniale» e sull’«obbligo di vincere lo scudetto».
Insomma, se c’è un tecnico che - anche da questo punto di vista - somiglia al «Gasp!» è senz’altro Mou. Che, non a caso, lo stima moltissimo, tanto da averlo apertamente sponsorizzato con Moratti in questi giorni. Anche perché ricordava alla perfezione uno 0-0 fra Inter e Genoa «molto spettacolare per chi ama il calcio. Gasperini è l’allenatore che più mi ha messo in difficoltà. Io cambiavo, lui si adattava in continuazione». Come in un’interminabile partita a scacchi che, in qualche modo, ha cementato ulteriormente il rapporto e la stima fra i due. Accomunati anche dal fatto di non stimare particolarmente altri tecnici. E uso il più morbido degli eufemismi a mia disposizione.
E poi, così come Mou, il «Gasp!» è ambizioso e convinto dei propri mezzi. E, anche in questo caso, è un eufemismo.
Insomma, altro che acqua cheta. Per capire bene chi è Gian Piero Gasperini, forse basta ascoltare Gianni Vrenna. Chi è costui? Trattasi del patron del Crotone che lo lanciò nel calcio professionistico, dopo le giovanili alla Juventus. Quell’esperienza andò benissimo, ma non senza scintille. Tanto che, richiesto di una definizione caratteriale di Gasperini, Vrenna se ne è uscito con un «uno tosto» che è un perfetto fermo immagine.
«Gasp!» è talmente tosto e talmente convinto delle sue idee da dedicare intere conferenze stampa all’attacco di uno o due giornalisti genovesi che lo contestavano su determinate scelte (chi vi ricorda, anche in questo?) e da puntare ciecamente sui suoi uomini contro tutto e contro tutti. Per mesi, a Genova, ad esempio, il pubblico rossoblù - che mugugna a prescindere e quindi direbbe che «quel Messi lì è bravino, ma non mi convince fino in fondo, non ha lo scatto di Coppola e Gasparetto» - gli contestava di far giocare «il centrocampo del Crotone». E che i tre pilastri della squadra venissero dal Crotone è verissimo, ma è anche vero che sapevano giocare.
Quindi, il «Gasp!» è uno coraggioso. Il problema è che, a volte, per intestardirsi nelle sue idee, rischia di bruciare giocatori come fiammiferi e il coraggio diventa temerarietà. Di Vaio usato sulla fascia grida ancora vendetta, la scelta di ritenere «non indispensabile» per il Genoa dello scorso anno Boateng fa parte della categoria dei misteri, perfetti per una puntata di Giacobbo, il numero di punte che il «Gasp!» ha fatto fuori o che si sono fatte fuori è lunghissima: dallo stesso Di Vaio a Acquafresca, da Floccari a Crespo, passando in fondo anche per Luca Toni. Ma, allo stesso modo, gli va dato atto di aver fatto rendere al massimo Milito e Borriello e di aver recuperato al calcio Thiago Motta. Nello spogliatoio o lo amano o lo odiano. E alcuni di quelli che lo odiano sono proprio coloro che lo amavano di più. E viceversa (meno viceversa, a dire il vero).


Infine, il «Gasp!» ha il pregio di non essere monomaniacale come coloro che parlano solo di calcio tutto il giorno: gran giocatore di tennis ama il teatro, da quello leggero di Giorgio Panariello ad alcune opere molto torinesi della scuola di Gabriele Vacis interpretate da Eugenio Allegri. Che non è Massimiliano, ma insomma. È già pronto per il derby.

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