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Corano nelle scuole, il cardinale Martino fa subito retromarcia

Il prelato invita a «reclamare con vigore la reciprocità con l’Islam». Probabile l’intervento del Vaticano

Corano nelle scuole, il cardinale Martino fa subito retromarcia

Andrea Tornielli

da Roma

Il cardinale Martino precisa, puntualizza, ammorbidisce le sue affermazioni sull’ora di religione islamica nelle scuole italiane, sulla cui istituzione l’altro giorno si era detto d’accordo sostenendo che, per quanto riguarda la reciprocità, l’Italia non si poteva mettere sullo stesso piano dei Paesi che negano la libertà religiosa. Non c’è stato dunque nessun «via libera del Vaticano» all’iniziativa (che peraltro compete alla Conferenza episcopale italiana), e il presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, che aveva espresso quei giudizi rispondendo alla domanda di un cronista, torna sull’argomento con toni molto diversi, anche per quanto riguarda la reciprocità.
Ieri mattina, in Vaticano, più di qualcuno è sobbalzato vedendo quanto spazio avevano ottenuto sui giornali le parole espresse dal porporato. Così, dopo aver assistito agli esercizi spirituali per la Curia, Martino in tarda mattinata è tornato nel suo ufficio e ha battuto a macchina una dichiarazione, che è stata poi resa sotto forma di intervista dalla Radio Vaticana, ma il cui testo appare inequivocabilmente scritto in precedenza. Non è dunque improbabile che la decisione di rettificare in questo modo sia stata suggerita al cardinale dai suoi superiori.
Martino dice di voler precisare le sue parole «al fine di fugare interpretazioni di parte e talvolta fuorvianti», e si dice convinto, in merito all’ora di religione, che «l’applicazione di un principio è cosa complessa che necessita di molti passaggi e di sagge considerazioni». «A questo riguardo - spiega - sarebbe bene che si legga quanto afferma il Compendio della dottrina sociale della Chiesa. La disponibilità da me dimostrata all’inserimento dell’insegnamento della religione islamica nell’ordinamento scolastico italiano va fatta con quella prudente valutazione che comporta da parte della comunità islamica il rispetto e la valorizzazione del cristianesimo e dei valori che, da esso ispirati, hanno dato forma alla cultura e all’identità del mondo occidentale».
«Non ho inteso - ha precisato ancora Martino - minimizzare il dovere della reciprocità: se la libertà religiosa è un diritto umano fondamentale - espressione forte della verità e della dottrina cristiana - deve valere anche in quei Paesi dove di fatto i cristiani, quando non sono perseguitati, vengono emarginati. Basta leggere a questo riguardo un qualsiasi rapporto sulla libertà religiosa per rendersi conto di quanto delicate siano le situazioni che vivono i cristiani in contesti caratterizzati da altre maggioranze religiose. Ritengo anzi che si debba iniziare a reclamare con maggior vigore la reciprocità». «Quando ho parlato di fondamentalismo laicista e di fondamentalismo religioso - ha concluso il porporato - intendevo riferirmi a due posizioni che negano una corretta presenza della religione nello spazio pubblico, perché il primo la nega e il secondo questo spazio lo occupa».
Come si può ben vedere, toni, e in parte anche contenuti, alquanto diversi rispetto alle frasi estemporanee del giorno precedente, che rappresentano una significativa correzione di rotta. Ieri il folcloristico gruppo cattolico tradizionalista veronese «Sacrum Imperium» aveva scritto una lettera aperta a Benedetto XVI perché togliesse la berretta di porpora al cardinal Martino in seguito alle sue affermazioni sull’ora di religione islamica.

E anche un altro prelato, il vescovo di Civitavecchia Girolamo Grillo, precisa il suo pensiero sull’argomento, lamentando una sintesi non corretta delle sue parole riportate da un’agenzia di stampa: «In realtà, parlando per quasi mezz’ora al telefono con un giornalista, ho detto che il problema è serio e che non è facile dare una risposta, ponendo l’accento sul fatto che si sia trovata una valida alternativa per quegli studenti che non si avvalgono dell’ora di religione prevista dal Concordato».

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