di Marta Allevato
La sua nascita «è stata accompagnata da un doppio arcobaleno e dall’apparizione in cielo di una stella luminosissima». Ha composto sei opere musicali e progettato una torre design a Pyongyang. Meno “divine” sono, invece, le sue abitudini: è un cultore di “cognac, caviale e asino arrostito”. Il numero esatto di mogli e figli è sconosciuto; si sa, invece, che tiene a servizio un esercito di donne chiamato la “Brigata della gioia”.
Dal 1994 Kim Jong-il, 66 anni, è il leader dell’unico regime comunista dinastico al mondo; guida una popolazione ridotta alla carestia, ma alla quale ha «donato» la bomba atomica.
Che leggenda e mistero avvolgano da sempre la personalità del «caro leader» non è una novità. Da mesi stampa e politica internazionale non fanno altro che chiedersi dove sia finito. Il fatto che da oltre due mesi il dittatore manchi a eventi ufficiali - come il 60° anniversario della nascita del regime a settembre o i funerali, giovedì scorso, di Pak Song-chol, uno dei suoi fondatori - ha dato adito a speculazioni sulla sua salute. Puntualmente Pyongyang diffonde immagini o proclami a smentire le voci, che lo vedono alle prese con una difficile convalescenza post ictus. L’ultimo atto di questa lunga campagna mediatica è arrivato ieri, quando i media di Stato hanno riferito che Kim Jong-il ha assistito a una partita di calcio tra due squadre di militari. Foto in cui il leader appare in forma e sorridente ne sono la prova. Peccato che nessuno abbia reso noto la data e il luogo del match. L’immagine, diffusa dall’agenzia nordcoreana Kcna, mostra Kim con occhiali scuri e giacca marrone che sorride seduto in quella che sembra una tribuna chiusa, mentre dalle finestre s’intravedono alberi spogli o con i colori autunnali, come vuole la stagione.
A una certa distanza sono sedute altre persone controluce o poco identificabili. Kim non è mai assieme ai giocatori o ad altri dignitari.
«Il trucco di apparire e scomparire è tipico di certe forme di regime», spiegano esperti coreani che chiedono l’anonimato. Se i leader occidentali utilizzano la scena mediatica per aumentare la loro popolarità, quelli di Stati totalitari fanno di solito l’opposto: affermano il loro potere attraverso la loro assenza, così le loro mosse diventano più temibili. Stavolta, però, non si tratta di un trucco. Il fatto che le prime notizie sul suo cattivo stato di salute siano trapelate dalla Cina è garanzia - dicono gli analisti - che il “caro leader” è seriamente malato. Kim Jong-il ha subito un ictus e un’operazione, probabilmente intorno al 18 agosto, riferiscono al Giornale fonti informate. Al suo capezzale ora, un team di medici stranieri tra cui un chirurgo francese.
Gli analisti non hanno dubbi: la questione più scottante ora è definire la successione alla leadership del Paese asiatico, proprio mentre sta prendendo importanti decisioni sul suo arsenale nucleare.
Ma che nazione è quella costruita in 14 anni Kim Jong-il? Campi di concentramento, esecuzioni pubbliche, traffici di ogni genere coperti dalle autorità: droga, armi, avorio. Famiglie intere che scappano verso la Cina, promossa incredibilmente a terra di libertà. Un regime che minaccia di destabilizzare la regione e che riesce a sopravvivere solo grazie agli aiuti internazionali: primo tra tutti gli Stati Uniti, l’odiato nemico. Alla fondazione dello Stato, nel 1948, Kim il Sung aveva promesso che il popolo si sarebbe nutrito di «riso e zuppa di manzo».
A tutt’oggi la Corea del Nord è segnata da una sconfinata povertà. Invece di operare una politica di risparmio o di distensione diplomatica, Pyongyang ha puntato sulla propaganda politica e sul culto della personalità. Dissidenti nordcoreani fuggiti all’estero denunciano sprechi per milioni di dollari, destinati a salvaguardare il mito del fondatore della Repubblica popolare, Kim il Sung (“presidente eterno” del Paese, anche se defunto) e del figlio Kim Jong-il. Secondo un rapporto del Daily North Korea, ogni anno la spesa è di 800mila dollari soltanto per mantenere integra la salma del padre della patria.
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