La Corea rossa anche di vergogna manda il suo Lippi ai lavori forzati

Dopo i 7 gol incassati dal Portogallo il ct Kim Jong-hun è stato espulso dal partito e "condannato" a prestare la sua opera in un cantiere

La Corea rossa anche di vergogna  
manda il suo Lippi ai lavori forzati

Kim Jong-hun si è messo a lavorare. Ha lasciato la guida della nazionale della Corea del nord e ha preso occupazione in un cantiere edile a Pyongyang. A corredo del nuovo incarico è stato anche espulso dal partito, comunista si intende. Là dove la libertà è una bandiera che sventola tra le mura di una prigione la dura legge del regime non può tollerare vergogne come quella subita dalla nazionale all’ultimo campionato del mondo. Sette gol a zero dal Portogallo, roba da diventare più rossi di quelli che si è o si è costretti ad essere. La squadra è stata costretta a restare in piedi, il due luglio scorso, su un palco allestito al Palazzo dell Cultura popolare, sei ore di processo, in assenza di Aldo Biscardi ma di tutti i componenti dell’apparatcik, il viceministro del Partito e ministro dello Sport, e poi quattrocento funzionari e atleti e studenti, tutti con la bacchetta e l’indice puntati contro i responsabili della disfatta, mentre il principale, ehm direi l’unico giornalista e commentatore di football, Ri Dong-kyu ha rivisto e riraccontato minuto per minuto le gesta miserabili della squadra.

Insomma una critica ideologica, un lavaggio del cervello secondo le buone abitudini di chi protegge il popolo. Si sono salvati soltanto i due extracomunitari, nel senso di An Yong-hak e Jong Tae se (quello che frignava all’inno) perché nati e residenti in Giappone. Ma sciolto il tribunale è toccato all’allenatore passare in sede, consegnare la tessera del partito, chiedera scusa, pentirsi dei fatti e dei misfatti e chiedere indirizzo e mansioni del nuovo posto di lavoro, per l’appunto un cantiere edile. Così si deve fare con la gente di football, sento già il commento nelle località di villeggiatura, Capello se la spassa con le sterline di sua Maestà mentre Lippi si abbronza sulla sua (non è sua, lo so ma in questo bel paese chi ammette di avere un gozzo o un appartamento?) sulla barca, dicevo, anche perché il Jesse James della Versilia, da buon socialista, il suo messaggio al popolo lo aveva già spedito in occasione di una esibizione dei nostri eroi, fischiati dal pubblico: «Andassero a lavorare» aveva commentato rivolgendosi ai contestatori.

In Corea, quella democratica, si dice così, del Nord, hanno invece pensato bene di mandare a lavorare il commissario tecnico, uno che sa organizzare il gruppo dunque il cantiere, uno che sa come si costruisce il gioco figuratevi una casa, uno che i cavalli si contano al palo, figuratevi se poi è anche di cemento armato. Insomma non tutto il mondo è paese, ci sono zone dove vige la legge dura e pura, terre verso le quali non si segnalano emigrazioni o nelle quali non si registrano manifestazioni contro il bavaglio.

Si prende su e si porta a casa, nel nome del partito e dell’ideologia, uniti si vince ma si beccano anche randellate sonore, in mondovisione, dai portoghesi, sporchi capitalisti.
Comunque Kim Jong-hun può consolarsi, Lippi Marcello non ha trovato ancora nemmeno un cantiere edile disposto ad assumerlo.

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