Quando si tratta di giudici, non gliene va bene una. Non bastavano le inchieste, il carcere e le condanne penali. Ora Fabrizio Corona va a sbattere anche contro il Tar. Lagente dei fotografi, infatti, ha chiesto al tribunale amministrativo di riavere il suo passaporto, ritirato nelle scorse settimane dalla Questura dopo che la sentenza sui foto-ricatti ai danni dei vip e i patteggimenti sulluso di banconote false sono diventati definitivi (per un totale di 2 anni e 8 mesi). Corona - che non è ancora uscito da tutti i processi che lo riguardano - ha evitato il carcere, non laffidamento in prova ai servizi sociali. Una misura di sorveglianza - deve aver pensato - che non giustifica il blocco del documento valido per lespatrio. Ma i giudici di via Corridoni gli hanno dato torto, e dichiarato «illegittimo» il suo ricorso. «Laffidamento in prova - è scritto nella sentenza depositata il 27 marzo - costituisce una modalità esecutiva della pena detentiva e come tale è idonea a vincolare la libertà personale».
«È opinione pacifica in giurisprudenza - spiega la terza sezione del Tar - che tra le misure sanzionatorie e cautelari che incidono sulla libertà personale debbano essere comprese non solo quelle di natura strettamente detentiva, ma anche le misure che pur non implicando la traduzione in carcere, impongano limitazioni significative della libertà del soggetto, impedendogli di esplicare liberamente la propria vita quotidiana». Così, «in questo quadro deve ritenersi anche anche laffidamento in prova ai servizi sociali sia una misura sanzionatoria alternativa alla detenzione, ma comunque restrittiva della libertà personale». La norma, infatti, stabilisce come «può essere imposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti che possono portare al compimento di altri reati». Per questo, il ritiro del passaporto «deve ritenersi legittimo» perché Corona, «pur non dovendo necessariamente scontare una pena detentiva, potrà comunque essere soggetto a una misura sanzionatoria alternativa incidente sulla sua libertà personale, come conferma la circostanza che, in caso di violazione delle prescrizioni inerenti alla predetta sanzione sostitutiva, questultima si tramuta nella pena della reclusione, secondo la specie originariamente inflitta». Insomma, se lex re dei paparazzi sgarra, rischia di tornare dietro le sbarre.
E «a diverse conclusioni - insistono i giudici del tribunale amministrativo - non può portare il richiamo alle norme contenute nella Costituzione e nei trattati internazionali che garantiscono la libertà di circolazione delle persone». perché «tale garanzia non è ovviamente illimitata in quanto lo Stato, nellesercizio della propria potestà punitiva, può incidere sulle libertà di coloro che abbiano commesso reati e perciò siano stati condannati in sede penale. E dunque può legittimamente limitare nei loro confronti la libertà di circolazione». E nemmeno le norme europee vengono incontro a Corona.
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