"La corrispondenza" di Tornatore: una meditazione sulla morte e sull'amore

Un film in cui materia e spirito danzano in maniera struggente, ma il cui risultato artistico resta un po' schiacciato dalle alte ambizioni semantiche

"La corrispondenza" di Tornatore: una meditazione sulla morte e sull'amore

La riconoscenza per il valore dei lavori precedenti non basterà neppure allo spettatore più affezionato a Tornatore per ottenebrare quella che è un’evidenza che si para davanti agli occhi: "La corrispondenza", il nuovo titolo del regista appena uscito nelle sale, non è certo il suo film migliore. Vale comunque la pena di vederlo per le tematiche e i significati, alcuni forse addirittura inconsapevoli, cui quest’opera imperfetta ha il potere di rimandare. Parlare di cielo, infinito, amore, eternità, presenza e assenza, significa infatti dare l'occasione al pubblico di riscoprire un anelito interiore alle "cose alte" troppo spesso soffocato dalla mediocrità del quotidiano. Amy (Olga Kurlyenko) è una studentessa universitaria fuori corso che si guadagna da vivere facendo la controfigura in pericolose scene d'azione per cinema e tv. Da sei anni ha una relazione con un uomo sposato, Ed, professore di astrofisica: i due si incontrano di rado ma intrattengono una fitta comunicazione amorosa fatta di sms, videochat, telefonate, lettere e pacchi postali. Improvvisamente l'uomo diventa irreperibile. Eppure ad Amy continuano ad arrivare e-mail e Cd-Rom da parte sua. Un evento decisivo deve aver cambiato le "regole" della loro corrispondenza.

Le due star internazionali scelte per protagoniste hanno, nonostante la differenza d'età, un'ottima alchimia e rendono credibile il sentimento che sono chiamate a interpretare. Il trailer volutamente misterioso e l'aspettativa inconscia di trovarsi in un altro giallo come il precedente, meraviglioso, "La migliore offerta" possono essere fuorvianti: in realtà non ci sono altri colpi di scena oltre a quello che ha luogo a venti minuti dall'inizio. Non saperlo rischia di condannare alcuni spettatori a percepire l'intera visione come il trascinarsi stanco di un thriller che non si rivelerà tale, anziché godersi l'opera per ciò che è: un melodramma. Se la maestria registica di Tornatore in questa sua ultima fatica risalta meno è forse perché l'impianto narrativo, tradizionale, si fa ad un certo punto un po' ripetitivo. Oltre a qualche lungaggine, a far perdere incisività sono alcune allusioni alla metempsicosi che compaiono in maniera artificiosa e appaiono fuori registro. Ad ogni modo, il film ha il sapore antico di certi amori epistolari e propone una riflessione sulla comunicazione odierna. L'epoca che stiamo vivendo, sembra dirci il regista, ha nella tecnologia uno strumento che può essere asservito alla magia dell'amore e che non è in contraddizione con la sua letterarietà, qualcosa che può essere di supporto emotivo e far toccare due anime in qualunque momento. Il film parla di sincronicità, ci ricorda che le stelle a noi visibili sono in realtà morte da moltissimo tempo e cita affascinanti teorie astrofisiche secondo cui esisterebbero dodici versioni di ogni essere umano in sconosciute parti dell'universo. Ma soprattutto trasuda una moltitudine di metafore e simbologie. Basti pensare a come la corrispondenza del titolo sia riferibile non solo a quella tra un mittente e un destinatario ma anche a quella tra macrocosmo e microcosmo, tra Cielo e Terra (vedi Tavola Smeraldina). Non a caso Ed osserva la nebulosa del Granchio perché la ritiene identica a un astrocitoma, ossia un tumore cerebrale, di sua conoscenza. Per non parlare di come tutto il girato echeggi la "corrispondenza d'amorosi sensi" di foscoliana memoria.

Di più è davvero impossibile dire perché lo spoiler è dietro l'angolo. Insomma, anche se stilisticamente non è riuscitissima, quest'opera emana la luce del suo autore: inconfondibile "comunque, ovunque, sempre", per citare una frase del film.

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