Corruzione, in 20 anni niente carcere per il 98% dei condannati

Roma - La legge non è uguale per tutti. Nell’arco di vent’anni, dal 1983 al 2002, compreso quindi il periodo di Tangentopoli, solo il 2 per cento di quanti finiti nelle maglie della giustizia nella lotta alla corruzione, lotta simboleggiata da Mani Pulite, ha scontato pene in carcere, mentre il 98 per cento dei condannati l’ha fatta franca. A riferirlo è "L’Espresso" domani in edicola, sottolineando che la situazione si è determinata o perché è scattata la sospensione condizionale (sotto i due anni) o perché sono state riconosciute misure alternative (servizi sociali: tra due e tre anni).

E soprattutto perché nell’87 per cento dei casi la sentenza è stata mite: sempre meno di due anni. Sono cifre, prosegue il settimanale, rese pubbliche da una ricerca condotta dall’ex pm Piercamillo Davigo, uno dei protagonisti di Mani pulite, ora giudice di Cassazione, e Grazia Mannozzi, docente di diritto penale all’Università dell’Insubria (Como e Varese). Ricerca riversata nel libro "La corruzione in Italia", editore Laterza, in libreria dal 5 ottobre.

Due anni per un lavoro tutto sui numeri, tratti dal Casellario giudiziale centrale.

Una miniera di dati che inizialmente dovevano dar vita a una smilza analisi destinata a una rivista specializzata di diritto. Ne è venuto fuori invece un volume di 373 pagine, ricco di grafici e tabelle. Dentro, un inedito censimento sulle tangenti «made in Italy». Con risultati choc.

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