Corruzione, il Pdl si astiene e minaccia battaglia in Aula

Anche se è presto per parlare di fiducia, arriva il primo sì al testo Severino. Dopo l’impasse della scorsa settimana, con l’ostruzionismo del Pdl e i timori dello stesso ministro Severino sull’approvazione del provvedimento, arriva il via libera delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia al disegno di legge anticorruzione. A sbloccare la situazione un incontro dei partiti di maggioranza nello studio della presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, alla quale partecipa anche il Guardasigilli: il via libera al provvedimento deve arrivare in giornata, chiede la Severino, per non rischiare di far slittare l’approdo in Aula su un provvedimento sul quale il governo si gioca la credibilità.
Il punto d’intesa è raggiunto sulla riformulazione parziale di due nuove fattispecie di reato previste dal ddl, «traffico di influenze illecite» e «corruzione per l’esercizio della funzione». In cambio, i partiti si impegnano a ritirare i subemendamenti e a ripresentarli in Aula. Nel giro di un’ora arriva, così, il via libera delle commissioni riunite. Pd, Udc, Fli e Lega votano a favore, il Pdl si astiene, solo l’Idv vota contro con Di Pietro che parla di scandali e casta.
La parola passa ora all’Aula dove il ddl è calendarizzato per il 28. Con una possibile complicazione: le norme introdotte dal ministro della Giustizia, all’articolo 9 del ddl potrebbero, teoricamente, essere tutte oggetto di richiesta di voto segreto, secondo quanto detta il regolamento. E, c’è chi sostiene in Transatlantico, se si finisse per stressare l’equilibrio raggiunto, questo potrebbe portare verso una fiducia che, intanto, per il Guardasigilli è argomento «ancora prematuro». Gongola la Severino: «Cercheremo di arrivare in Aula in una situazione che possa portare all’approvazione, ma non confondiamo l’apertura al dialogo con la disponibilità a correzioni che terremotino il provvedimento, che ha una coerenza interna e la deve mantenere». Soddisfatta anche la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno che in serata replicherà il vertice di maggioranza: «È innegabile che alcune mine restano, come il tema delle pene ma il passo avanti c’è stato». «Mine» che fanno traccheggiare il Pdl. «Abbiamo dato una fiduciosa astensione - dichiara il capogruppo in commissione Giustizia, Enrico Costa - e dimostrato che il nostro non era ostruzionismo pregiudiziale. E comunque il testo potrà essere sostanzialmente migliorato in Aula...».
Sul tappeto resta, insomma, la questione dell’innalzamento delle pene. Il Pdl è contrario ad elevarle nel minimo ma non nel massimo e chiede che venga prevista la procedibilità su querela nella corruzione fra privati. In Aula si andrà, dunque, non con il testo Alfano ma con quello approvato dalla commissione in cui c’è anche l’innalzamento della pena fino a otto anni voluto dal Pd per la corruzione in caso di atto contrario ai doveri di ufficio, passato con i voti Idv e Fli. Contro ha votato il Pdl. La proposta del governo prevedeva la reclusione da 3 a 7 anni, mentre attualmente il codice punisce questo reato da 2 a 5 anni.
E intanto Di Pietro, «l’ultimo giapponese» (come si è definito) critica frontalmente l’accordo. «Vent’anni dopo Mani Pulite la fotografia si ripete: ogni volta che si scoprono nuovi reati della pubblica amministrazione interviene il Parlamento per impedirlo».

Secondo il leader Idv sarà cancellata quella che ai tempi di Tangentopoli il pool della Procura di Milano chiamò la «dazione ambientale» e con lo spacchettamento della concussione nessun privato sarà incentivato a denunciare.

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