Alla corsa per il Colle portando le borracce

Alla corsa per il Colle portando le borracce

(...) a Roma è ospite in casa sua, cioè nell’appartamento che ebbe in affitto dal 1997 a pochi mesi fa e che poi lasciò ad amici. Nulla lo scalfisce, non il fatto che l’alloggio si trovi «a casa del nemico», nel palazzo di An in via della Scrofa, ci abitano pure Antonio Maccanico e Paola Gassman, tantomeno il Parlamento riunito in seduta comune: «Ci si emozionerà alla designazione, non prima». Tutto calcolato anche le emozioni, ecco.
Tutta diversa la giornata delle new entry. «Voterò chi mi dicono di votare» dice candido Costa il vicepresidente, «ci insegneranno come comportarci» si intimidisce Morgillo il capogruppo di Forza Italia. Stanno in albergo, rigorosamente separati, il primo dietro al Pantheon nell’hotel convenzionato con la Regione, il secondo in un tre stelle alla fontana di Trevi, «vengo sempre qui e ci son tornato anche adesso, ma la monetina no, non la butto più, perché ci ho lasciato migliaia di lire ma i miei sogni non si sono mai avverati». Emozionati? Emozionati: «Beh, oggi abbiamo il tesserino anche noi» parlamentari per un giorno ecco. Costa è stato il primo dei tre ad arrivare, erano le 11.30 e lui già aspettava la riunione dell’Ulivo alle 13, «salterò il pranzo, pazienza», intanto in Transatlantico ha incontrato Romano Prodi che sorridente gli ha domandato: «Te lo sei portato il secondo pigiama di riserva?», e lui pronto: «Tanti calzini e tante camicie, presidente».
I giornali li hanno letti avidamente di buon’ora, almeno arrivare preparati, Giorgio Napolitano e Massimo D’Alema sono «due personalità autorevolissime» per Burlando e Costa, «due rospi impossibili da ingioiare» per Morgillo. L’azzurro è il più demotivato, sua moglie prima di partire gli ha detto che «se voti D’Alema quando torni ti taglio la mano», e dire che «prima di questa campagna elettorale la politica non le interessava», e allora nemmeno può tapparsi il naso. Che poi insomma, «tanto ci imporranno un Ds», fra i due D’Alema sarebbe meglio di Napolitano, «perché almeno avrebbe la forza gli impegni presi per garantire anche noi, visto che è lui il vero capo della coalzione», ma fra i due «io continuerò a votare imperterrito Gianni Letta», anche se certo «farò quello che mi dice il partito». Lamenta Morgillo che bisognava metterla in campo prima la diplomazia, «prima ancora dell’elezione dei presidenti di Camera e Senato, serviva un accordo complessivo sulle cariche istituzionali», ma che vuoi, «tanto quelli mica ce lo davano un presidente nostro», quindi tanto vale fare il gioco duro che sta facendo Silvio Berlusconi, «anche perché si vota in Sicilia e in migliaia di Comuni e come glielo spieghi che in campagna elettorale siamo anticomunisti ma poi al colle ci mandiamo un comunista, il rischio è che invece che alle urne vadano tutti al mare». Di altro avviso Burlando, lui dice che «la Casa delle Libertà dovrà decidersi ad assumere un atteggiamento razionale», che «Napolitano è un’occasione fin troppo ghiotta da cogliere per il centrodestra», e che le strade sono due: «O votano con noi nei primi tre turni, e allora non si capisce perché non già al primo, oppure lasciano fare a noi al quarto, che entrare quando non è più indispensabile non è sano».
In verità, ieri in Transatlantico proprio i parlamentari liguri facevano il tifo che riuscisse «il gioco». In sostanza, mandare avanti Napolitano per poi eleggere D’Alema, secondo il ragionamento che i Ds fanno da due giorni: se il senatore a vita non passa, allora si torna al presidente della Quercia, perché al quarto turno i voti del centrodestra non serviranno più e si potrà sempre dire che è stata la CdL a mettere pregiudiziali. Una soluzione auspicata non fosse altro che, come segnalava qualcuno ieri, «D’Alema in fondo è ligure di adozione», anche Burlando ha ricordato che «abbiamo fatto il liceo D’Oria insieme, pur senza esserci conosciuti ai tempi».
Intanto, ieri l’Unione ha votato scheda bianca, si fa così quando non c’è un candidato condiviso spiega ai neofiti Burlando, e la Casa delle Libertà ha votato Letta.

L’esito, si rammarica il presidente ligure, «è davvero molto incerto in un momento molto importante, con l’Italia al centro dell’attenzione internazionale». Pazienza. Per dirla con Costa: «Tanto son cose che non dipendono da noi».

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