In corsia va in scena la rabbia dei pazienti

Rabbia, rassegnazione, storie di chi situazioni simili le ha vissute già più volte sulla propria pelle. Anche un pizzico d’invidia per chi può permettersi le cure in qualche costosa clinica privata. Il day after del Policlinico Umberto I, finito sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali, assomiglia alla visita al fronte da parte del generale di brigata. Ieri pasti puntuali in corsia, ovunque tirati a lucido pomelli, corrimano, pavimenti passati e ripassati con la candeggina. Di quella profumata. Ma sotto si avverte la tensione. I malati soprattutto, i parenti e gli amici, sono un fuoco di fila di rabbia, di accuse, di lamentele. Al cronista, mischiato con i visitatori del giorno festivo, non resta che raccogliere le testimonianze.
Siamo in un reparto di quelli tirati in ballo dall’inchiesta. Le espressioni indignate sono le più ricorrenti: «Viviamo in una repubblica delle banane», sbotta Pasquale S., universitario in visita al padre, raccogliendo consenso da tutti. «Ci sono pure infermieri bravi - interviene un altro - ma ho assistito a scene di totale menefreghismo, specie le persone anziane sono quelle che ci rimettono di più». Molti elogiano l’autore dell’inchiesta dell’Espresso, Fabrizio Gatti: «Magari ce ne fossero altri come lui». Pochi, per non dire nessuno, ricordano un servizio identico svolto da Jimmy Ghione per Striscia la Notizia a maggio 2006. Anche allora indignazione, incredulità di fronte alle immagini, severe inchieste annunciate dai vertici del nosocomio. Poi puntualmente il nulla di fatto.
C’è chi pone sotto accusa la classe politica: «Chi doveva controllare e non l’ha fatto è il maggiore responsabile», tuona un vecchio colonnello in pensione dall’ultimo letto in fondo alla stanza. Attende da giorni di essere operato. «Ma se un infermiere fuma addosso a un paziente appena operato, che c’entrano i politici?», ribatte la nipote, Stefania. E al direttore generale, Ubaldo Montaguti, che ha difeso la professionalità del Policlinico, replica Giorgio, in visita alla suocera: «Non è un problema di professionalità, ma di moralità. Negli ospedali italiani, lo sanno tutti, si muore e ci si ammala per le infezioni dovute alla scarsa igiene. Manco fossimo nell’Africa Nera».
Tutti confermano per esperienza diretta quello che l’occhio della telecamera ha filmato: i lugubri corridoi sotterranei, le coperte sporche. La gente è un fiume in piena. Cambiamo piano e incontriamo un uomo in pigiama, ricoverato da due giorni: «Sono entrato cinque volte in sala operatoria, ho denunciato situazioni allucinanti negli ospedali. Non l’ho mai spuntata e ho ricevuto anche minacce di morte per farmi stare zitto». Nel salottino vicino agli ascensori si parla animatamente di appalti delle pulizie e della vigilanza: «Certi enti pubblici se ne strafregano degli standard di qualità della manodopera. L’importante per baroni della sanità e associazioni non profit è che le gare funzionino a profitto degli amici». C’è chi la butta in politica: «Mo’ diranno che la colpa è di Berlusconi. Scommettiamo?».
La ministra Livia Turco, a proposito di politica, ha annunciato una severa inchiesta. «Che aspetta a dimezzare lo stipendio del direttore del Policlinico? E quelli dei primari?», sbotta Sara, che assiste il marito.

Forse non c’entra niente con la pulizia delle corsie, ma l’opinione pubblica di ticket salati e posti letto tagliati ne ha abbastanza per accettare anche i privilegi dei potenti. La Turco ha annunciato ispezioni negli ospedali a partire da metà settimana. C’è tutto il tempo, insomma, di tirare a lucido cucine e lavanderie.

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