Ma la Corte dei conti avverte: serve una manovra correttiva

La replica di Siniscalco: rischioso un nuovo intervento in questa fase di recessione

Antonio Signorini

da Roma

L’economia italiana continua a crescere poco mentre la spesa pubblica - in particolare quella delle amministrazioni locali - non diminuisce abbastanza. Poi ci sono alcuni meccanismi che si sono inceppati, come la riscossione dei tributi. In altre parole secondo la Corte dei conti, nonostante qualche segnale positivo, nel 2005 per le finanze pubbliche non mancheranno elementi di rischio, tanto che secondo il presidente Francesco Staderini «occorrerà qualche intervento, altrimenti il quadro resterà negativo». Il governo dovrebbe quindi varare quella manovra correttiva che il ministro dell’Economia Domenico Siniscalco continua a escludere, almeno nella sua versione «restrittiva».
Anche ieri, il responsabile di via XX settembre ha ribadito il concetto, dicendosi sorpreso di questa esortazione della Corte «a una manovra aggiuntiva in una fase di recessione». In realtà i magistrati contabili - che ieri hanno presentato il rendiconto generale dello Stato - riconoscono i rischi di una correzione dei conti tropo drastica, ad esempio di 20 miliardi di euro come è stato ipotizzato. Avrebbe «effetti devastanti su un’economia quasi in recessione», osserva il presidente di sezione Fulvio Balsamo. Ma alcune misure potrebbero però servire. Staderini cita un anticipo della riforma previdenziale oltre a una stretta sui contributi alle imprese. Tra i magistrati, a titolo personale, spunta anche l’armonizzazione delle rendite finanziarie, una delle ricette che il governo ha preso in esame, ma solo per la copertura dei tagli all’Irap.
L’incognita più pesante è quella della crescita. Il Prodotto interno lordo continua a calare «con intensità analoga a quella segnata nel quarto trimestre del 2004 (-0,5 per cento)» e nell’anno in corso dovrebbe quindi avvicinarsi allo zero. Il calo nella produzione si farà sentire sul rapporto deficit-Pil che potrebbe «avvicinarsi al 4 per cento» e anche sul debito pubblico che potrebbe tornare a crescere dopo dieci anni di calo ininterrotto.
La Corte riconosce che le spese dello Stato sono «in netta diminuzione», ma ha anche registrato una «forte ascesa» di quelle degli enti locali e delle regioni. Insomma, osserva il procuratore generale Vincenzo Apicella accostando i comportamenti della pubblica amministrazione a quelli dei singoli cittadini, l’Italia «sembra vivere al di sopra dei propri mezzi, anche a causa delle tentazioni del consumismo».
Pesa ovviamente la sanità che nel 2005 accumulerà un deficit di 2,5 miliardi. Le ricette messe in campo dal governo potrebbero non bastare a invertire la tendenza. Il tetto del due per cento alle spese non è sostenibile a lungo termine e gli effetti del blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione (le cui retribuzioni in dieci anni sono cresciute di cinque punti percentuali in più rispetto a quelle dei privati) sono compromessi da troppe «esenzioni e deroghe». I condoni fiscali non sono una soluzione apprezzata dalla Corte dei conti anche se Staderini prevede che nel 2005 solo dalla seconda rata arriveranno alle casse dello Stato 3,5 miliardi di euro e cioè più di quanto atteso dal governo. Le sanatorie hanno condizionato anche la pressione fiscale che, secondo il rendiconto, è calata passando dal 42,6 per cento al 41,7. Un dato non condiviso da Siniscalco: «Non corrisponde ai nostri conti. La pressione è scesa di un punto tra il 2003 e il 2004 e scenderà di un altro punto tra il 2004 e il 2005».


Un giudizio pesante la Corte lo ha riservato al recupero del denaro evaso da parte dei concessionari privati. Lo Stato - ha rilevato Apicella - spende per questo servizio 500 milioni all’anno, ma i concessionari negli ultimi quattro anni hanno riscosso «solo il 5 per cento circa dell’ammontare netto riscuotibile».

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