Corte dei Conti: "La spesa cresce troppo"

La Corte sulle tasse: "Rischiano di raggiungere valori difficilmente tollerabili sul piano sociale". Il tesoretto non garantisce la copertura delle maggiori spese correnti. Il decreto taglia-spese in realtà ha tagliato gli investimenti

Corte dei Conti: "La spesa cresce troppo"

Roma - Il controllo della spesa pubblica continua a preoccupare la Corte dei Conti che chiede al governo «l’assunzione di decisioni più incisive» in mancanza dei quali la pressione fiscale rischia di raggiungere «valori difficilmente tollerabili sul piano sociale». Lo ha affermato nella sua relazione sul Rendiconto generale dello Stato il presidente delle sezioni riunite, Fulvio Balsamo. «L’incidenza sul Pil della spesa corrente al netto degli interessi, secondo la magistratura contabile - ha raggiunto il 40% - con un continuo aumento a partire dal 2000». Le misure di controllo, aggiunte la Corte dei Conti infatti «hanno funzionato solo per i consumi intermedi (diminuiti dello 0,8%), un’area limitata e poco suscettibili di ulteriori limature)». Una tendenza che secondo la Corte «potrebbe nascondere tendenze meno favorevoli come indicherebbe l’estensione dell’area dei debiti sommersi di numerose amministrazioni centrali». Le preccupazioni della Corte vanno soprattutto nella direzione delle grandi categorie a rischio: Pubblico impiego, pensioni e spesa sanitaria.

"Tasse troppo alte" «Non c’è alcuna certezza che ai fini di un maggior gettito sia praticabile l’inasprimento della pressione fiscale». Lo ha affermato nella sua relazione il Procuratore generale dela Corte dei Conti, Claudio De Rose (nella foto), che ha ricordato che l’onere fiscale «è salito dal 40,6% del Pil nel 2005 al 42,3% nel 2006» portandosi ai livelli massimi dagli anni Novanta superiore dello 0,6% ai livelli dell’area euro». De Rose ha anche sottolineato che la manovra tributaria «non può ignorare i livelli della contribuzione previdenziale con la quale forma il cuneo fiscale che grava pesantemente sulle imprese e sulla loro propensione alla crescita». Questo, ha ricordato il procuratore, «è stato del 45,2% nel 2006 (al netto dell’Irap) e quindi inferiore alla Francia (50,2%) e alla Germania (52,5%) la quale ha annunziato una forte riduzione dell’aliquota sui redditi societari, ma nettamente superiore alla Spagna (39,1%), Regno Unito (33,9%) e oltre la media dell’area dell’euro (43%)».

Tesoretto: sbagliato destinarlo alle maggiori spese La Corte dei Conti ritiene «incerto» il grado di permanenza dell’extragettito derivante dalla lotta all’evasione e mette in guardia sull’utilizzo per maggiori spese in corso d’anno «di risorse di dubbia affidabilità».

"Rifiuti, troppi sprechi e disfunzioni" La Corte ha dedicato un approfondito studio nel quale il fenomeno viene analizzato nei suoi punti cruciali che possono così riassumersi - spiega il procuratore generale della magistratura contabile Claudio De Rose - una spesa totale di 1,8 miliardi di euro, il 21% dei quali per stipendi e funzionamento delle sedi; impianti in buona parte non realizzati; disfunzioni e sprechi; mancanza di campagna di sensibilizzazione ed educazione ambientale; infiltrazioni malavitose come conseguenza dell’affidamento di lavori ad imprese spesso non competitive ed inefficienti».

Alti livelli di corruzione nel pubblico La Corte dei conti lancia l’allarme corruzione negli uffici pubblici. «Nella tematica tortuosa della gestione delle emergenze e di quella dei rifiuti in particolare - afferma il procuratore generale De Rose - la corruzione nei pubblici apparati ha un ruolo determinante ma, rispetto al resto dell’Italia, è pure sempre un momento ancorché significativo di un fenomeno generalizzato e diffuso che meriterebbe forse più articolata attenzione». È «confermata dai dati» la «percezione» dell’esistenza in Italia di «alti livelli di corruzione, intesi come propensione di talune componenti degli agenti pubblici ad accettare e sollecitare dazioni corruttive per svolgere o non svolgere le proprie funzioni distorcendo le regole della competitività e quindi in un certo senso duplicando il danno alla collettività e ai dipendenti onesti».

Il decreto taglia-spese" danneggia gli investimenti Il cosiddetto decreto «taglia-spese» ha «sacrificato» gli investimenti accentuando «il divario negativo dell’Italia in tema di infrastrutture con conseguenze, non lievi, sullo sviluppo economico e sulla competitività del nostro apparato produttivo». Nei conti dello Stato, gli investimenti hanno segnato, nel 2006 - evidenzia la relazione illustrata da Balsamo - un livello inferiore di oltre il 40% a quello registrato nel 2003».

Per la Corte dei Conti «mentre le indicazioni programmatiche hanno ripetutamente privilegiato gli obiettivi di sviluppo, nella pratica le politiche di riequilibrio dei conti, non trovando le soluzioni per una stabile riduzione delle spese correnti, hanno seguito la via più facile sacrificando le spese di investimento».

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