Cortellesi, self made woman che prende in giro i «figli di»

I soliti figli di Voltaire volevano andare al cinema per trovare il loro manifesto: Verità, innanzitutto. Invece potevano farsi due risate con Paola Cortellesi, che nella commedia dolceamara di Giambattista Avellino C'è chi dice no (da venerdì con 230 copie, nel cast Luca Argentero e Paolo Ruffini) incarna la classica donna di talento: è molto dotata la sua Irma, medico zelante e disposto al sacrificio, ma l’amante del primario la surclassa e non certo per titoli. Quale vendetta? Mettere in piedi con i colleghi non raccomandati «I pirati del merito», banda pronta ai peggiori scherzi ai danni di chi ha santi in paradiso. Del resto lei, Paola, dalla sua ha soltanto una gran voglia di lavorare, da quando, tredicenne, cantava per Renzo Arbore. Regina del box-office con C'è chi dice no, riconfermata a Zelig per la sua simpatia, l’attrice, comica e imitatrice si trova sulla cresta dell’onda, ma non si monta la testa. Allora com’è che il suo secondo film di stagione non punta l’indice contro i politici, detestabili numeri uno nelle raccomandazioni all’italiana? «Ma si tratta di una commedia... non è che uno in una storia può mettersi a raccontare proprio tutto il Paese... Non abbiamo la presunzione di voler descrivere ogni ambiente! Al solito, qui c’è una parte per il tutto: si prendono tre vite particolari e si narrano. La raccomandazione è cosa universalmente conosciuta. Purtroppo». Eppure, prima o poi capita di dire qualche no, soprattutto quando si percorrono certe vie: il mondo dello spettacolo non è per signorine, vero?
«Io ho detto sempre di sì. A me piace dire sì», sorride divertita l’interprete romana. «E poi non m’è mai capitato qualcosa di antipatico, o qualche occasione imbarazzante. Se ho detto qualche no, l’ho fatto sempre col massimo garbo. Comunque, è più bello dire sì». Strano: suona molto femminile, mentre si ha l’impressione che la Cortellesi sia un maschiaccio, una tosta sul lavoro... «È vero: sono tosta ed esigente, sul lavoro. Ma perché cerco di dare il massimo. Però ribadisco: dire di sì è più bello. Anche se poi vivo l’incubo di non riuscire a fare tante cose bene, tutte insieme».
Spaventata dal successo? Questo è un momento d’oro, con il rinnovo del contratto per Zelig e le due uscite in sala.
«Macché spaventata! Io mi rimbocco le maniche. Ciò che si muove intorno a me, mi tange poco: il problema della sovraesposizione, l’immagine, tutte queste cose esteriori... Non ci bado molto. Penso a fare il mio lavoro e basta. A teatro, adesso, all’Arcimboldi, ho una commedia così impegnativa che neanche ho il tempo di occuparmi dell’immagine, della non immagine».

Per uno che ce la fa, mille meritevoli soccombono, comunque. «Io dico che bisogna fare sempre meglio e avere le spalle larghe. Nella vita si chiude una porta e s’apre un portone: i giovani devono credere di rendere la propria vita straordinaria. Se parti disilluso, è finita».

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