«Così abbiamo battuto la crisi senza problemi con le banche»

L’ingegner Lino Alessio Mion è il presidente della CO.GE. Costruzioni Generali spa, una delle medie imprese italiane impegnate nella ricostruzione all’Aquila. Nata all’inizio degli anni Settanta a Parma, la CO.GE. chiuderà l’anno con 130 milioni di fatturato di gruppo e, come sottolinea il suo fondatore, ha superato uno dei peggiori bienni dell’economia mondiale «mantenendo i conti in utile e senza avere problemi col sistema bancario». Due atout oggi rari, soprattutto nel settore costruzioni.
CO.GE. come ha affrontato la crisi?
«È andata molto bene. Avevamo un portafoglio lavori sufficiente a farci superare questo difficile periodo e anche il 2010 è coperto da commesse di qualità».
Un’altra opera significativa realizzata ultimamente?
«Stiamo ultimando un complesso da 30 milioni di euro a Gallarate, in provincia di Varese, che include anche un edificio disegnato da Mario Botta e con particolari caratteristiche architettoniche. Ma quello che mi è rimasto nel cuore è stato l’impegno all’Aquila. Voglio fare un grande plauso alla Protezione civile, con Guido Bertolaso in testa, per l’altissima capacità oltre che per il senso umanitario e civico dimostrato. In Abruzzo si è immediatamente offerto un riparo a 65mila persone, restituendo loro, insieme al cibo e all’alloggio, la dignità di vita. Senza contare che oggi, come aveva promesso il presidente Silvio Berlusconi, non c’è più nessuno in tenda. Tutti hanno ricevuto un’abitazione definitiva, come quelle realizzate da CO.GE., o una casa in legno, confortevole seppur ancora provvisoria. Il governo ha quindi mantenuto gli impegni: quello all’Aquila è stato l’intervento più veloce che sia mai stato realizzato al mondo. I detrattori dovrebbero fare un confronto con quanto è accaduto in Irpinia o nel Belice, dove dopo decenni ci sono ancora molti italiani che vivono nelle baracche. Desidero poi complimentarmi anche con la struttura tecnica della Protezione civile, il “Consorzio For Case” diretto da un professionista molto esperto, l’ingegner Michele Calvi».
Il suo gruppo che cosa ha costruito all’Aquila?
«A giugno c’è stata una gara europea, da cui sono state selezionate 16 imprese. CO.GE., che ha concorso insieme al Consorzio Esi, si è classificata quinta e ha realizzato sette edifici idonei ad alloggiare circa 600 persone e per un importo contrattuale prossimo ai 20 milioni di euro. Tutti gli stabili sono stati costruiti in classe A e con una logica antisismica, basata su un sistema di “isolatori” di acciaio e solette in cemento armato studiate per ammortizzare le vibrazioni del terreno rispetto alla struttura dei fabbricati. Anche se per contratto avrei avuto tempo fino all’11 gennaio avevo promesso al presidente Berlusconi che avrei consegnato i primi edifici il 29 settembre, giorno del suo compleanno, e tutti gli altri prima di Natale. E cosi ho fatto, CO.GE. e Consorzio Esi hanno terminato i lavori con venti giorni di anticipo».
Com’è stato possibile?
«Abbiamo lavorato costantemente, feste e domeniche incluse, giorno e notte, con squadre che si alternavano su turni di dieci ore. Sono onorato di aver offerto il mio apporto alla ricostruzione dell’Aquila perché, oltre all’esperienza tecnica ricavata, c’è stato un grandissimo coinvolgimento umano con gli abitanti del posto. L’apice è stato quando il presidente Berlusconi ha consegnato alle famiglie le chiavi degli appartamenti, completi di tutto. Ho assistito a scene commoventi, con persone che abbracciavano il premier incredule di avere una casa così bella in tempi così rapidi».
Il modello di intervento è esportabile in altre zone del Paese?
«Assolutamente sì. Già la gara prevedeva tempi molto stretti: per realizzare ogni edificio c’era un limite massimo di 80 giorni. Noi abbiamo offerto 75 giorni per edifici di tre piani, anche se poi in realtà, avendo fatto progredire i cantieri in parallelo, il tempo medio è sceso intorno ai 60 giorni».
Allora perché sovente i cantieri non rispettano le scadenze?
«Il primo ostacolo è la burocrazia con cui si deve convivere nel nostro settore. All’Aquila c’erano leggi speciali, ma per mantenere gli impegni è stato anche necessario anticipare gli approvvigionamenti. Abbiamo inoltre deciso di coinvolgere il più possibile tecnici e maestranze locali, dando lavoro in media a 150 persone durante i sei mesi di cantiere. Insomma abbiamo maturato un sistema cantieristico e costruttivo che potremo riproporre ovunque».
Quest’anno avete assunto?
«Per noi gli stabilimenti industriali sono i cantieri, dove abbiamo aumentato il personale anche nel 2009».
Valuta la possibilità di crescere con acquisizioni?
«Molte grandi imprese del nostro settore sono in difficoltà, non credo sia opportuno allargarsi più di tanto. Abbiamo deciso invece di crescere concentrandoci sui business del project financing e delle concessioni, impegnandoci per esempio nella costruzione e gestione di tratti autostradali e di ospedali».
Ha mai pensato di portare CO.GE. sul listino di Borsa dedicato alle Pmi?
«Non credo nella Borsa, secondo me un’azienda familiare si quota se ha molti debiti. Spesso poi le quotazioni non corrispondono al reale valore di un’impresa».


Come andrà l’edilizia nel 2010?
«In un quadro già di calo di bandi di gara, gli appalti di sola costruzione avranno vita dura perché ci sono aziende in forte difficoltà che concedono sconti fino al 30-40% pur di aggiudicarsi la commessa, tacitare le banche e allontanare lo spettro del fallimento. Il problema è la forte sproporzione tra il numero di aziende sul mercato e il valore complessivo degli appalti».

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