Così abbiamo salvato dal gelo la vita di Milos, l’invisibile

Mezzanotte, stazione Centrale di Milano, c’è un uomo a terra: è in coma, nessuno lo aiuta. Poi passiamo noi. E comincia l’odissea. I soccorsi arrivano dopo un'ora

Così abbiamo salvato dal gelo 
la vita di Milos, l’invisibile

Milano - Una notte insieme ai clochard di Milano. Per scoprire che bastano poche ore per morire in mezzo alla strada senza che nessuno ti veda. Per accorgersi che sopravvivere alle temperature polari di queste ultime settimane non è affatto scontato e in alcuni casi è solo una questione di minuti: il tempo di una telefonata al 118. Proprio come è successo ieri sera con Milos, un ragazzo romeno. Dopo una sbronza, la sua vita poteva finire su un’aiuola di fronte alla stazione Centrale. Esattamente come è accaduto agli altri suoi «colleghi», i cinque clochard stroncati dal freddo di questi primi 18 giorni di inizio anno. Se non fosse stato per una tassista che lo ha visto mentre andava a prendere un cliente, nessuno lo avrebbe notato e nessuno - forse - lo avrebbe salvato. Non sono bastati gli occhi di una volante della polizia né quelli di una camionetta di militari per accorgersi che aveva bisogno di aiuto. Perché a vederlo così, dalla strada e in mezzo al buio, Milos sembrava stesse solo dormendo. La testa in mezzo alla terra fredda e ai rami ghiacciati delle piante, le braccia lungo i fianchi e le gambe strette. Immobile. Persino i vestiti che aveva addosso si confondevano con i colori del giardinetto, un giubbino verde militare, troppo scuro per una notte di nebbia milanese. E poi, quanti ce ne sono di barboni, ubriachi, drogati che passano ore sul marciapiede senza dare alcun segno di vita. Proprio come Milos. E però quelle gambe strette e rigide sì che si vedevano bene e facevano anche impressione.

Tutto comincia alle 23.30 quando una tassista si affianca alla nostra auto mentre stiamo facendo un servizio sulle condizioni dei senzatetto a Milano dopo le cinque vittime degli ultimi giorni. «È già la terza volta che passo ed è sempre là fermo - spiega la tassista -. Deve essere ubriaco, ma se non chiamate qualcuno muore. Fa troppo freddo». La temperatura è scesa ancora. Ci saranno uno o due gradi, non di più. Il tempo di andare all’interno della Stazione e di incrociare una volante della polizia e una camionetta dei militari per avvisarli che a pochi metri di distanza c’è un uomo che ha bisogno di aiuto. Ci assicurano che sarebbero andati subito a vedere, rimettono in moto le auto e partono seguendo le indicazioni.

Dentro la Centrale appena ristrutturata, nella sala d’attesa del primo piano, ci sono altri clochard che dormono qui ogni notte. Uomini, donne, stranieri, immigrati. Si stendono sulle panche avvolti nei sacco a pelo, una busta di plastica con un pezzo di pane e uno zaino accanto con tutto ciò che occorre. «Cosa credi che quelli sono morti solo per il freddo? - dice uno di loro -. Le ragioni sono altre, te lo dico io. Li lasciano lì, magari si ubriacano e nessuno va ad aiutarli». È mezzanotte e mezzo, il freddo è diventato insopportabile.

Ripassiamo con la macchina di fronte al piazzale della Stazione e Milos è ancora lì. Immobile. Nessuno è venuto a prenderlo. Le volanti della polizia dicono di non averlo visto e se ne sono andate. Una prima chiamata al 118 per spiegare quello che sta succedendo. Ci chiedono se è vigile, se risponde, che cos’ha come se fossimo dei dottori in grado di fare una diagnosi precisa della situazione. La seconda chiamata dopo un quarto d’ora. «Siamo giornalisti non medici. E c’è un uomo che potrebbe morire per il freddo». Passano alcuni istanti e senza che nessuno li abbia avvertiti, arriva una macchina con due agenti dei Blue Berets, il servizio di vigilanza sociale convenzionato con il Comune di Milano. Si avvicinano a Milos, cercano di svegliarlo, lo chiamano ma lui non risponde. «È ubriaco perso. Non sente più nulla, come anestetizzato - dice un agente -. Barboni, italiani o stranieri, sono sempre essere umani e vanno aiutati». Venti minuti dopo la prima telefonata al 118 e finalmente si vedono le sirene dell’ambulanza in fondo alla via.

Gli uomini dell’autolettiga caricano il romeno sulla barella, mentre lui apre gli occhi per la prima volta da quando lo abbiamo incrociato. «È in coma etilico, se rimaneva qui, non lo trovavamo più domani mattina», dicono. Gli è andata bene a Milos ieri sera, per fortuna qualcuno si è accorto di lui.

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