Così Allegri ha domato la rabbia del Boa: «Una lezione da Milan»

Così Allegri ha domato la rabbia del Boa: «Una lezione da Milan»

Milanello - Kevin Prince Boateng aveva gli occhi della tigre domenica a Lecce. Ma erano rivolti, dopo lo strepitoso 3 a 3, verso la panchina occupata da Allegri. Avessero raggiunto “acciuga” lo avrebbero ferito dritto al cuore. Non ha smesso di guardare in giro torvo e minaccioso Kevin Prince Boateng alla ricerca di qualcuno cui rivolgere la sua sfuriata o qualcosa su cui sfogare la rabbia accumulata. Anche ieri, piombando a Milanello in largo anticipo sull’ora dell’allenamento,e attraversando la zona del bar con la tuta bianca e le cuffie giganti sulle orecchie, non aveva una faccia rassicurante Boateng. «Non vorrei incontrarlo in una notte buia e tempestosa» la chiosa di un vecchio cronista a colloquio con Allegri appena raggiunto dalla notizia di essere finito nella cinquina del Pallone d’Oro («sono sorpreso e orgoglioso di finire al fianco di super professionisti che hanno vinto tanto») e rimasto addirittura impassibile, forse divertito dall’idea della reazione di qualche collega invidioso.
Kevin Prince Boateng continua ad avere gli occhi di tigre quando incrocia Allegri a Milanello ma “acciuga”, l’interessato, non arretra di un centimetro rispetto alle scelte di Lecce. E non solo perché ama difendere il suo capitano Ambrosini («giocava in un ruolo non suo, la sua prova tecnica è stata buona») ma perché ha l’abitudine di rischiare l’osso del collo pur di trattare tutti allo stesso modo. La panchina di Lecce è stata «una lezione» consapevole inflitta a Boateng, una bacchettata non per il gesto nella notte di Champions (mise la sordina allo stadio col dito indice sulla bocca) ma per il suo stile di vita non proprio irreprensibile registrato nelle settimane passate. Non l’avesse fatto, Allegri, si sarebbe ritrovato in una scomoda posizione in futuro. Con quale credibilità avrebbe potuto riprendere Cassano o Pato? «Rifarei tutto, a volte ci acchiappo a volte no» è la risposta generica e fuoriviante di Allegri rispetto allo schieramento di Lecce, fatto a fettine dalla critica.
«Abbiamo giocato un primo tempo tragico, d’accordo. A quel punto ci sono due strade da seguire: o entri e rovesci lo spogliatoio, oppure entri e provi a infondere coraggio nella squadra» la ricostruzione del sermone svelato da Ibrahimovic al ritorno da Lecce. In effetti, Allegri è stato un profeta eccellente. Tre le raccomandazioni fatte ai suoi: 1) «entrate e tirate subito in porta», 2) «se facciamo gol nei primi 10 minuti, possiamo recuperare», 3) «giocate con cattiveria e coraggio». È andata bene, anzi di lusso al Milan. Ma non è sempre Natale. «Anche perché nell’occasione si spendono montagne di energie» la prima riflessione da condividere. «Che rimanga un segnale di forza e non si ripeta più» la seconda. Come dire: fine della ricreazione, basta prendere gol, tutti concentrati in tre partite (8 tra Napoli, Juve e Lecce) e occhi spalancati contro il Parma. «Tra qualche turno, la classifica si spezzerà verso l’alto» è la sua previsione. E lui, Allegri, vuole essere lassù insieme con la concorrenza durante la prossima sosta azzurra.
Per realizzare il progetto deve scavalcare l’ostacolo Parma e progettare una bella gabbia da costruire attorno a Giovinco («sta giocando da Juve» la sua lode) tenendo conto di molti altri fattori: la stanchezza (e la diffida) di Nesta rimediata dal ritorno di Thiago Silva, l’usura di Van Bommel riparata dalla conferma di Ambrosini ma davanti alla difesa, la necessità di far rifiatare Cassano in vista di Roma sperando nel riscatto di Robinho. Perciò Kevin Prince Boateng può continuare a guardare con gli occhi della tigre Allegri e sentirsi ingiustamente maltrattato per la panchina di Lecce o per le chiacchiere sulle sue notti spensierate in compagnia nel ristorante di corso Garibaldi.
Deve sapere che solo Adriano Galliani, il vice-presidente, può perdonargli qualsiasi marachella in cambio di quei 18 minuti in cui ha messo a ferro e fuoco l’area di rigore del Lecce. «Finché gioca così può fare quello che vuole» la frase del vice Berlusconi. Il punto è che per strabiliare Boateng, a dispetto dell’età, 24 anni, del fisico da campione di karate, deve anche avere una vita privata da atleta. Allegri lo segnalò l’estate scorsa ai suoi dirigenti, Allegri lo lanciò e lo difese dalle zampate di Seedorf interessato a quel ruolo, Allegri è stato presente alla trattativa con Preziosi per il suo riscatto, Allegri è l’unico capace di sfidare quelle occhiatacce pur di rimetterlo in riga. Dimenticando il ballo scatenato seguito allo scudetto, il Moonwalk, e qualche libera uscita notturna.


Così il ritorno a San Siro, da figliol prodigo, di Kevin Prince Boateng può mettere in un cantuccio persino la designazione di Carmine Russo, fischietto di Nola, l’arbitro che tredici mesi fa, a Cesena, provocò l’ira funesta di Adriano Galliani e la prima polemica della stagione (annullò due gol a Pato).

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