«Così per anni ho coltivato e spacciato marijuana»

«Così per anni ho coltivato e spacciato marijuana»

Ha deciso di chiudere la sua bottega. Non per colpa della crisi, ma per colpa della Finanza. I controlli che si sono resi sempre più fitti, lo hanno fatto desistere dal mandare avanti quella che era diventata una seconda attività lavorativa, «anche più remunerativa rispetto al mio vero impiego». Tutto, però, totalmente illegale. Perché la storia di Alessandro (nome di fantasia ndr) è quella di un giovane che, andando a vivere da solo, in una località di semi campagna del genovese con una casetta autonoma, aveva deciso di adibire una parte del suo giardino e la sua cantina a coltivazione di marijuana. «Coltivavo e raccoglievo, per poi vendere: direttamente dal produttore al consumatore senza intermediari. È la filiera corta», scherza Alessandro, «ma nell’ultimo anno e mezzo ho letto sui giornali di diverse persone beccate anche per controlli nati per altro genere. Così ho preferito sbarazzarmi di tutto e chiudere bottega». Però per tanto tempo, anche di fronte all’occhio dei vicini, al posto dei pomodori nel suo giardino crescevano piante che la legge vieta di coltivare anche perché il fine non era certo quello di tenerle come piante ornamentali: le lavorava per poi vendere l’ «erba».
«Tutto fatto artigianalmente, i semi te li procuri facilmente perché puoi comprarli dagli spacciatori, oppure puoi trovarli quando compri il fumo, o ancora meglio puoi trovarli in alcuni negozi. Per esempio nel centro storico di Genova». Comprare i semi in un negozio? Si può ed è regolare, lo stabilisce anche una sentenza della Corte di Cassazione che recita «(...) il semplice possesso di semi di canapa, seppur in notevole quantità, non integra la fattispecie criminosa, poiché dal detto semplice possesso non è dato dedurre con certezza l'effettiva destinazione del seme (...)». Quindi mettersi a produrre piante di marijuana diventa una sciocchezza, un giochino domestico come curare i gerani sul terrazzo.
Per chi non ha il pollice verde e vuole avere informazioni prima di infilarsi i guanti e prendere la zappetta, basta andare su internet e ti si apre un autentico mondo parallelo dove migliaia di «contadini del ventunesimo secolo» ti insegnano ad avere cura delle piante proibite che appaiono un vero e proprio cult del momento: «Ho cominciato anni fa con qualche piantina nell’orto, poi ho capito che era meglio attrezzare la cantina. Ho visto che si guadagnava facilmente e con poco lavoro. Così ho attrezzato lo scantinato quasi come una serra - racconta il produttore di droga nostrano -. Ho comprato delle lampade molto potenti che potessero dare la giusta illuminazione utile alle piante e un ventilatore potente. E le ho curate, tutti i giorni. Occorrono piante femmine e piante maschio: le femmine sono quelle che producono l’erba che poi viene fumata, mentre il maschio va coltivato perché è quello che produce i semi da ripiantare».
Poi c’è il momento della raccolta. Dopo un paio di mesi di coltivazione, terminata la fioritura, le foglie cominciano ad ingiallire e quello diventa il momento adatto per tagliare e fare essiccare il prodotto pronto per essere fumato. È qui che comincia la filiera corta: «Vendere fumo mi è sempre stato facile: tramite amici, oppure con persone conosciute a qualche serata, nei centri sociali di Genova ed in alcuni locali nel Tigullio. In molti se lo venivano a comprare per poi rivenderlo per i fatti loro. Non c’è nessun prezzo stabilito, quello lo fai tu sentendo in giro a quanto lo vendono gli spacciatori. Il vantaggio è che, chi compra da te che lo produci a casa, ha la garanzia sulla qualità del fumo, quindi puoi permetterti di venderlo anche ad un prezzo più alto».

Alessandro non vuole parlare di cifre specifiche ma racconta di averci guadagnato, prima di passare il diserbante ed eliminare tutto, «ho preferito smettere di rischiare, anche se per un po’ il gioco può valere la candela»: la candela ma anche la galera visto che per la coltivazione di canapa la pena prevista va dai 6 ai 20 anni di reclusione.

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