Confindustria risponde seccata alle accuse mosse dal segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo, a proposito di inciuci e oscuri intrecci tra i sindacati confederali e la stessa associazione guidata da Emma Marcegaglia. Da parte sua, il leader del piccolo sindacato (20mila iscritti) che insieme a quello dell’Ugl verrebbe sistematicamente tenuto a debita distanza sia da Cgil, Cisl e Uil, sia da Confindustria, conferma le affermazioni pubblicate ieri dal Giornale: «Ci troviamo - replica Di Maulo - di fronte a una vera massa gelatinosa al cui interno si possono scoprire particolari sicuramente imbarazzanti; basta volerlo, spulciando per esempio i bilanci dei fondi gestiti in comune da sindacati e associazioni delle imprese, perché è tutto alla luce del sole».
«Confindustria - si legge in una nota - respinge fermamente l’accusa di “pagare il sindacato” e sottolinea che non fa parte della propria storia e della propria etica avere atteggiamenti compiacenti e che non siano nell’interesse prioritario delle imprese. Confindustria - aggiunge il comunicato - ribadisce che il rapporto con il sindacato è basato sul reciproco rispetto dei ruoli e delle competenze. Le presunte “reti d’interesse” rientrano in una trasparente e regolamentata collaborazione su attività (previdenza complementare, formazione, assistenza sanitaria) che riguardano il mondo del lavoro e dell’impresa».
Di Maulo, intanto, non demorde e giudica «assolutamante normale» l’assenza di reazioni da parte dei «colleghi» alle sue punture: «L’elefante non dà mai peso alla mosca, ma come avete rilevato proprio voi ieri sul Giornale, anche il capo di Wikileaks mesi fa era un illustre sconosciuto...». E aggiunge nuovi tasselli al suo mosaico: «Esiste una cointeressenza che parte dal sistema bilaterale dei fondi, realtà che comunque condivido perché rappresenta il futuro delle relazioni sindacali in Italia. Il problema, però, è che si stanno perpetuando distorsioni nella loro gestione e un intreccio gelatinoso tra imprese e sindacati. Ebbene - e mi riferisco a fondi che fanno capo anche a Confcommercio, Confapi, Interinali e Artigiani - si notano, in alcuni casi, costi di gestione che ammontano al 50% del totale delle entrate derivate dallo 0,30% del monte salari. Qualunque impresa al mondo con costi del genere sarebbe già chiusa».
Il capo della Fismic ribadisce che questo 50% serve a retribuire anche funzionari sindacali, assicurare pubblicità a organi d’informazione che fanno capo a Cgil, Cisl e Uil, e allestire convegni. «C’è una dispersione di risorse in queste direzioni - osserva - ma devo dare una spiegazione: in molti casi i diritti sindacali, invece di essere usufruiti dalle organizzazioni di categoria, per esempio in ore di assemblea e permessi, vengono trasformati in denaro che, a sua volta, è utilizzato dagli enti bilaterali per assumere persone, per lo più a fine carriera, con l’incarico di seguire le problematiche dell’ente, in questo caso riferito agli Artigiani e Interinali. Succede, invece, che queste persone, sebbene retribuite da un organismo specifico, continuino a occuparsi di tutt’altro: Fiat, telecomunicazioni, camere sindacali provinciali, eccetera. Niente di illecito, sia ben chiaro, ma una cosa del genere è esecrabile. Ci troviamo davanti a retribuzioni che escono da permessi sindacali e ore di assemblee che i lavoratori dell’artigianato non fanno. Ci sono decine di funzionari della Fiom e altre sigle che vengono pagati dall’ente bilaterale dell’artigianato e che, invece, sono impegnati sul terreno della Fiat e altro».
Di Maulo prende ancora tempo per scoprire le carte più pesanti: «Non faccio ricatti - dice - ma voglio solo evitare che siano sotto ricatto i 15mila lavoratori di Mirafiori. Se il negoziato salta per colpa di Fim e Uilm, allora tirerò fuori certe cose che so.
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