Così Fini si chiama fuori. E fa il garante

Gianfranco Fini è il più grande oratore parlamentare italiano e la sua parola ha guidato con espressioni efficaci il passaggio di An nel Popolo della libertà. Si è collocato nella prospettiva del futuro del Paese pensando l’Italia di qui a un quindicennio. Ci vuole coraggio a pensare così in grande.
Ha reagito con fermezza all’espressione secondo cui l’Msi è stato «sdoganato» affermando che le idee non si sdoganano. Ma il movimento di Berlusconi ha sdoganato il sistema politico italiano. La partitocrazia della prima Repubblica era divenuta funzionale all’egemonia del partito comunista e, con lo scioglimento dei partiti democratici, era ormai giunta al dominio dei postcomunisti divenuti legittimanti delle altre forze politiche. Ciò che è stato chiamato «berlusconismo» è stato un movimento di liberazione nazionale di cui il popolo è stato protagonista oltre i partiti ormai dissolti.
È avvenuto un cambio nella costituzione politica concreta della società italiana. E la storia che ne è seguita è la lotta del vecchio sistema dominato dai partiti legittimati dalla storia comunista contro il fatto nuovo del popolo che emergeva come soggetto e si concentrava sulle persone in cui si riconosceva.
È perché il popolo italiano che non accettava l’egemonia comunista è stato sdoganato come soggetto politico che lo è stato anche quel popolo che votava l’Msi e che era divenuto il simbolo vivente di un chiaro nemico.
Berlusconi ha prodotto una nuova politica che non si fonda sulla cultura del Novecento, sulla cultura della rivoluzione e quindi sulla dialettica amico-nemico. Ciò non è avvenuto come effetto di un «pensiero unico». E anzi il movimento berlusconiano non ha avuto alcun interesse da parte della cultura politica italiana che l’ha scomunicato con ira appunto perché nasceva dal sentimento del popolo e non da una filosofia politica determinata. Anzi liberava la politica dal dominio degli intellettuali, faceva appello a verità semplici come quelle fondanti la comunità politica: libertà, democrazia, Italia, popolo, nazione. Che in queste parole gli elettori dell’Msi si riconoscessero era inevitabile, perché ciò che li aveva mantenuti nella loro posizione discriminata era la fedeltà a una memoria in cui il contenuto politico si riduceva gradualmente al puro sentimento nazionale. Hanno partecipato a pieno titolo al cambiamento radicale della politica italiana in cui la struttura ideologica partitica delle culture legittimanti è venuta meno e i valori semplici della vita politica sono stati espressi nella loro chiarezza e semplicità.
Lo «sdoganamento» e «pensiero unico» sono le parole critiche al movimento berlusconiano presenti nella relazione del presidente di An al suo congresso. E indicano il timore che la concentrazione di un popolo attorno a un leader possa essere una limitazione di libertà o un’autosufficienza politica. E non invece la formazione di una democrazia compiuta in cui il nesso tra popolo e governo sia il criterio di legittimità politica.
An si scioglie nel Pdl perché il Pdl cambia la costituzione materiale della Repubblica e crea un cambiamento storico nella democrazia italiana. Ciò è il migliore riconoscimento che sia possibile dare al popolo dell’Msi. Ciò avviene contemporaneamente al fatto che la sinistra italiana perde forma di alternativa politica e si affida al volto di un democristiano di sinistra per cercare di arginare la crisi del consenso. Se si pensa che i comunisti e i postcomunisti hanno dominato la storia della Repubblica italiana, si nota che con l’aprile 2008 la lunga marcia del movimento berlusconiano è giunta a creare una condizione politica nuova. Ed è chiamata ad affrontare la grande crisi aperta nel capitalismo mondiale.
Il movimento politico berlusconiano aveva fondato il rapporto tra la scelta popolare e la maggioranza di governo, oggi il governo Berlusconi vive una situazione di emergenza come accade in tutti i Paesi del mondo dove i governi nazionali sono divenuti i decisori ultimi della condizione dell’economia del mercato.
Fini ha scelto di chiamarsi fuori dal partito di governo, si è posto nella funzione di garanzia costituzionale. Negli altri Paesi democratici i presidenti delle Camere non hanno ruoli politici, in Italia sì. Ma questo è un limite della nostra democrazia. Fini si è così posto a lato delle dimensioni che Berlusconi impersona, quello di leader popolare e quello di capo del governo.

Ha scelto di diventare una funzione di garanzia invece che partecipare in prima persona alla grande esperienza nel nuovo stadio della Repubblica italiana. Ma sta a lui garantire che il Parlamento funzioni in modo da consentire al governo di esprimere la volontà popolare in una condizione di crisi sociale.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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