Così Ignazio il duro ha riportato la pace in banchina

Così Ignazio il duro ha riportato la pace in banchina

(...) particolarmente avvincente. Credo che se prendete cento persone per strada e chiedete a tutti e cento cosa pensano del Multipurpose, quarantanove vi risponderanno chiedendo se è il nuovo attaccante colombiano del Genoa e gli altri quarantanove si informeranno se è il nuovo difensore costaricano della Sampdoria. E gli altri due? Uno chiamerà il 118 per dire che c’è per strada un pazzo pericoloso che fa strane domande; l’altro, invece, se vi va bene, bofonchierà qualcosa sulle banchine del Porto. Ma se vi va bene.
Eppure - nonostante sia un tema da piùcheaddettiailavori, da popolo di iniziati che legge gli articoli sul tema come i carbonari leggevano i documenti risorgimentali - anche dalle storie di Multipurpose c’è comunque da imparare.
Perché credo che non ci sia nulla come il Multipurpose che sia una cartina di tornasole per la nostra città. Ricordiamo, ad esempio, che la spartizione delle banchine è stato l’argomento del processo contro Giovanni Novi, che galantuomo era e galantuomo resta, prima e dopo il processo. E che, soprattutto, non è stato mai sospettato da nessuno, nemmeno dai suoi peggiori nemici, di essersi messo in tasca una lira o un centesimo di euro. Eppure, sul Multipurpose è stato celebrato uno dei processi più drammatici della nostra città.
Ecco, credo che quel processo e soprattutto i toni di una parte dell’informazione nel raccontarlo, siano stati una perfetta fotografia di una certa Genova. Fatta di veti incrociati, di antipatie, di rapporti stratificati ed immutabili, di vicende che si intrecciavano fra loro e che, quasi sempre, non facevano il bene di Genova.
Poi, l’altro giorno, all’improvviso la svolta. Le seconde generazioni di alcuni dei duellanti, Ignazio Messina, figlio di Gianfranco, e Roberto Spinelli, figlio di Aldo, hanno firmato un accordo sulle banchine. E, a leggere l’articolo su Repubblica-Il lavoro di Massimo Minella - uno che mangia pane e banchine, uno talmente informato su tutte queste storie da rischiare veramente l’intervento del 118 per monomaniacalità, ma comunque un professionista serissimo - si intuisce la possibilità di una soluzione positiva anche per «l’ultimo tassello del mosaico portuale: la collocazione della compagnia armatoriale Grendi, di proprietà della famiglia Musso che deve lasciare entro fine mese ponte Libia». La soluzione ipotetica potrebbe essere il porto di Voltri, nell’area liberata dalla T-Link, i traghetti delle autostrade del mare, come in un domino dove ogni metro di banchina è un tesoro da salvaguardare. Certo, poi, ci sarebbe da obiettare sull’accordo di programma che ha lasciato di tutto e di più a Riva, con disattenzioni del centrosinistra e del centrodestra, ma questa è un’altra storia.
Quello che ci interessa raccontare qui è il nuovo spirito che si respira in banchina. E, soprattutto, l’impegno di Ignazio Messina per ottenere il nuovo risultato. Ignazio il «cattivo», Ignazio il duro, Ignazio che sembra la pubblicità del Denim di una volta, l’uomo che non deve chiedere mai, è stato decisivo per ottenere i risultati positivi che ridanno speranze e linfa al Porto. E, soprattutto, lui, descritto come un ghiacciolo all’anice, con un retrogusto amaro, in realtà in tutta questa storia somiglia di più a un Cornetto, con il cuore di panna. Il mio gelato preferito, fra parentesi.


Ecco, credo che parlandosi, incontrandosi, conoscendosi, guardandosi quando si ha a che fare con le famiglie e i figli, vengano fuori le persone vere. E dal dialogo, da questo dialogo, non può che venir fuori una Genova migliore.

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