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Così l’agguato Kamikaze in auto tra i due mezzi

DEVASTAZIONE A bordo della Toyota usata per l’attentato c’erano almeno 15o chili di esplosivo

È trascorso da pochi minuti mezzogiorno (le 9.30 del mattino di ieri in Italia) quando a Kabul si scatena, una volta di più, l’inferno: solo che questa volta l’inferno, sotto le sembianze del più sanguinoso attentato anti-italiano dopo quello di Nassirya in Irak, inghiotte i nostri soldati. Una Toyota guidata da un terrorista suicida, con a bordo non meno di 150 chili di esplosivo, esce da un parcheggio lungo la strada che collega l’aeroporto della capitale afghana con il Quartier generale della coalizione e si frappone tra due mezzi blindati «Lince» del contingente italiano in marcia a poca distanza dalla Rotonda Massud: una spaventosa esplosione, udita a decine di chilometri di distanza, squarcia l’aria e schianta i due blindati, pur progettati per resistere ad attacchi di questo tipo.
I dieci nostri militari a bordo non hanno scampo: sei di loro (tutti paracadutisti della Folgore) perdono la vita, uccisi dalla straordinaria violenza dello spostamento d’aria, altri quattro (tre parà e un militare dell’Aeronautica) rimangono feriti, fortunatamente non in modo grave. Si apprenderà in seguito che tutti i militari a bordo di uno dei Lince (che solitamente ospitano quattro passeggeri, ma possono arrivare a cinque) sono morti, mentre sull’altro blindato, colpito meno direttamente, c’è stato un solo caduto.
Tutto attorno è morte e desolazione. Al centro della strada l’autobomba, disintegrata dalla detonazione, ha lasciato un impressionante cratere, le facciate di case e negozi ai due lati della strada sono sfregiate. Si contano dieci morti anche tra i passanti afghani (quattro di loro sono poliziotti) e 55 feriti, tutta gente che ha avuto il torto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e della cui vita i talebani non si sono minimamente curati. Sì, perché poco dopo un portavoce dei talebani rivendica la strage, esaltando il «martirio» del loro kamikaze e affermando provocatoriamente che le vittime civili sarebbero state causate dal «fuoco all’impazzata» aperto dagli italiani dopo l’attentato: un’evidente falsità cui nessuno abbocca.
Il luogo dell’agguato è uno dei più pericolosi di Kabul, quotidianamente percorso da convogli militari.

Massud Square, contraddistinta dal monumento e dal grande ritratto dell’eroe della resistenza ai sovietici assassinato il 9 settembre 2001, è un crocevia dal quale si dipartono le strade dirette all’aeroporto, al quartiere delle ambasciate e ai comandi militari. In particolare vi sbocca la Jalalabad Road (“Violet” in codice Nato), dove sorge la base italiana di Camp Invicta.

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