«Così “l’Unità” sorvolò sugli errori di Stalin»

Rossana Rossanda: «Il corrispondente da Mosca, con il magistrale sistema di dire e non dire, scrisse che c’era stata una seduta riservata. Nient’altro»

«Così “l’Unità” sorvolò sugli errori di Stalin»

Ai fatti del 1956, e agli effetti che le rivelazioni di Krusciov ebbero sul Pci, dedica molte pagine il nuovo libro di Rossana Rossanda, figura storica della sinistra italiana, dal titolo La ragazza del secolo scorso e da poco pubblicato da Einaudi. «Il XX Congresso del Pcus prendeva di sorpresa anche la direzione del Pci - scrive la Rossanda, militante nel Pci dal 1948 al 1969 e fondatrice del Manifesto - ; l’Unità non apri il primo giorno su quella notizia. Nessuno se lo aspettava, neanche chi sapeva che nell’Urss dalla morte di Stalin in poi le acque del Politburo erano agitate, che i campi avevano messo fuori in silenzio masse di deportati, che la Jugoslavia aveva ispirato la conferenza di Bandung rompendo l’isolamento del campo socialista, Krusciov aveva financo fatto visita a Tito».
Il “diario” della Rossanda, che visse in prima fila, da militante e da intellettuale, gli eventi chiave del secondo ’900, restituisce il senso profondo di molte scelte, delle speranze, delle delusioni di un’intera generazione. «Nella relazione Krusciov ammetteva che era venuta meno una direzione collegiale del partito, Stalin aveva prevaricato ed era stata violata la legalità socialista - scrive la Rossanda -. Anche questo parve liberatorio: la repressione, lo zdanovismo, erano stati una deviazione, un errore \. Tuttavia l’Unità nei primi giorni sorvolò sugli errori e vi tornò soltanto quando Mikojan rilanciò il terzo o quarto giorno, la questione che evidentemente non entusiasmava la platea congressuale moscovita. Entusiasmante non era ma un peccato confessato sembra garanzia di non cascarci più...». E ancora: «Se non che in una seduta riservata Krusciov aveva chiamato per nome e per data le famose violazioni. L’Unità non ne parlò, anche se Ingrao scrive che ne dette notizia il corrispondente da Mosca, che era allora Giuseppe Boffa: con il magistrale sistema di dire e non dire, Boffa scriveva che c’era stata una seduta riservata sulla direzione collegiale, amen.

Ma il rapporto di quella seduta rimase segreto; anche se il Pcus ne discusse in tutte le sue istanze, la nostra delegazione lo aveva ascoltato ma ne parlò al rientro soltanto con la segreteria, e forse non con tutta la segreteria, che decise, come tutti i partiti comunisti, di tenere la cosa per sé. Una pazzia. Ne filtrarono notizie che altri cominciarono a diffondere. L’Unità le definì un tentativo di dividerci dai socialisti».

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