Così Milano è diventata un Tango bar

Sale la febbre del tango. Da «Tango Metropolis» e il Quintetto diretto da Daniel Binelli, in scena lo scorso novembre al Teatro Nuovo, al «Tango» di Roberto Herrera, lo scorso febbraio al Teatro Ciak, fino a «Tango Bar», il nuovo spettacolo diretto da Ida Kuniaki con musiche del Tangoseis Trio (lo stesso che da più di dieci anni accompagna Milva nelle sue incursioni tanguere) che ogni sera, fino al 5 aprile, incanta le platee del teatro Oscar, vestendosi ora con sapori jazz, ora con influenze classiche, ora con i colori della cultura popolare argentina.
È qui, nei sobborghi di Buenos Aires, dove gli immigrati italiani si mescolano con gli abitanti del porto (i portenos) e la gente delle pampas, che il tango intorno al 1880 fa la sua comparsa. Soli e lontani dalla patria, si ritrovano la notte nei bar e nei bordelli locali, cercando sollievo alla nostalgia in una danza di coppia dalle movenze erotiche. «Il tango nasce ibrido: canzone napoletana, violini zigani, fisarmoniche teutoniche, ritmi cubani. Cresce negli anni della dittatura, disprezzato come “ballo osceno“ dall’alta società. Fino a che, negli anni ’20, conquista Parigi e i saloni della Belle Epoque, si afferma a Hollywood nella nascente cinematografia, per essere finalmente accolto dall’aristocrazia argentina» racconta il coreografo Roberto Herrera. È di questi anni il mito di Carlos Gardel e di Osvaldo Pugliese, di Evita e il generale Peron, di Rodolfo Valentino che all’immagine del guapo col fazzoletto al collo sostituisce quella del tanguero italo-americano in scarpe lucide e cilindro.
E oggi, anche grazie al genio di Astor Piazzolla, il tango continua a crescere e diffondersi. «Esistono diverse scuole - spiega Alejandro Ferrante, maestro di tango argentino nella scuola di Comuna Baires, a Milano -. Dal milonguero degli anni ’30-’40, movimenti piccoli e passi serrati; al più elegante tango salon nato nei salotti dell’aristocrazia, abbraccio più ampio e passo disteso; al teatrale Fantasia con coreografie e passi ad effetto». Fino al Nuevo e all’elettronico, che mescolano, mischiano, smontano e rimontano antichi passi e nuove sonorità. A Milano si può impararlo in due modi: nelle scuole di danza e nei locali da ballo (le “milonghe”). Comuna Baires, il gruppo di teatro fondato da Renzo Casali nel 1969 a San Telmo, in Argentina, poi costretto a lasciare il Paese dalla dittatura militare, è oggi una delle associazioni di tango più frequentate di Milano. Insignita lo scorso dicembre dell’Ambrogino d’oro, comprende un teatro, una milonga, una scuola di tango e di scrittura, persino una pizzeria. «Qui a ballare il tango, il lunedì e il venerdì, arrivano fino a 300 persone, dai 20 ai 50 anni – spiega Myrna Gil, pr di Comuna Baires -. È una luogo d’incontro, di socializzazione. Si indossa l’abito per la serata, la scarpa col tacco».

«Per imparare il tango – continua Ferrante - ci vogliono dai 6 agli 8 mesi per la donna e circa due anni per l’uomo. Ma poi dipende dall’attitudine individuale, dal grado di affiatamento della coppia. Che spesso – osserva l’artista - conta più della pulizia di un passo o dell’eleganza della scarpetta».

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