È Napoli la disgraziata capitale della Seconda repubblica. Martedì 22 novembre 1994 Silvio Berlusconi, da pochi mesi presidente del Consiglio, è a Napoli per presiedere la Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata. Il Corriere della Sera , quella mattina, apre con una notizia-bomba: il premier è indagato per concorso in corruzione e ha ricevuto un invito a comparire dalla Procura di Milano. Sembra una trama scritta da uno sceneggiatore mediocre, che esagera le coincidenze per impressionare lo spettatore: Napoli, la criminalità organizzata, l’inchiesta della Procura di Milano e il suo tempismo perfetto, la fuga di notizie, il processo mediatico.
E invece è tutto clamorosamente vero, accade sul serio, e dopo quel fatidico 22 novembre continuerà ad accadere senza sosta per i diciassette anni a venire, in un loop testardo e ossessivo che ha dapprima imprigionato e poi consunto e stremato il nostro Paese. In quel lontano novembre sindaco di Napoli ( da appena un anno) era Antonio Bassolino, eletto nell’autunno dell’anno precedente in una tornata amministrativa che, proprio come quella del mese scorso, segnò una netta vittoria del centrosinistra e creò l’illusione di un facile trionfo alle successive elezioni politiche. Da allora Bassolino non se ne è più andato e, prima come sindaco e poi come governatore, ha costruito, fortificato e diffuso un sistema di potere che ha pochi eguali nelle amministrazioni locali. Bassolino, del resto, è stato un ottimo sindaco, e il suo primo mandato si concluse trionfalmente: il «rinascimento napoletano » era diventato un modello di virtù civili e di buona amministrazione.
Fu la giunta Bassolino a inventarsi i titoli di credito comunali e, quel che più conta, riuscì a convincere la comunità finanziaria internazionale ad acquistarli. Non è facile indicare il momento in cui il vento cambia, e la spinta propulsiva bassoliniana rallenta fino a impantanarsi nel «bassolinismo ». Di certo la monnezza, oggi di nuovo a livelli paurosi, ha avuto un ruolo essenziale. E con la monnezza, naturalmente, anche la camorra e la Procura. Il servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti è stato commissariato nel lontano 1994 -di nuovo,all’alba della Seconda repubblica - e per diciassette anni si sono alternati commissari tanto autorevoli (da Umberto Improta allo stesso Bassolino, da Gianni De Gennaro a Guido Bertolaso) quanto evidentemente incapaci. I governi di centrodestra e di centrosinistra hanno fatto la loro parte per contribuire al disastro, mentre il caos di competenze fra il Comune di Napoli, i Comuni limitrofi, la Provincia e la Regione anziché sciogliersi grazie al commissariamento si è nel corso del tempo aggravato.
Nel 2001 scoppia la prima crisi: alcune discariche vengono riaperte, convogli di rifiuti partono per la Germania, altre Regioni accolgono parte della monnezza da smaltire. Finita l’emergenza (a palazzo Chigi c’è Berlusconi, sindaco di Napoli è Rosa Russo Iervolino, mentre Bassolino presiede e presidia la Regione), nessuno si occupa di rimuoverne le cause. Così sei anni dopo le discariche esplodono, e i rifiuti cominciano a riempire Napoli. Al governo questa volta c’è Prodi (stessa formazione, invece, in Comune e Regione), che prepara un piano d’emergenza. Ma i rifiuti affogano la città, e proprio su quell’immagine devastante, replicata all’infinito da tutte le televisioni del mondo, Berlusconi costruisce buona parte del suo successo elettorale. I primi passi del nuovo governo sono brillanti e coronati da un vistoso successo: come promesso, Berlusconi ripulisce Napoli. L’inaugurazione del termovalorizzatore di Acerra diventa il simbolo dell’emergenza finita. Ma così non è: e oggi - per colpa di Berlusconi e di Prodi, di Bassolino e della Russo Iervolino, dei commissari straordinari e dei presidenti della Provincia, e anche, per la quota che loro spetta, del neogovernatore Caldoro e del neosindaco De Magistris - assistiamo a un’emergenza senza precedenti né apparenti rimedi.
Perché la politica non è stata capace di risolvere un problema che non soltanto a Bolzano, ma anche nella vicinissima Salerno non si è mai posto? E perché mai da diciassette anni si parla insistentemente della camorra, del suo coinvolgimento diretto nella gestione del ciclo dei rifiuti, delle sue infiltrazioni a vari livelli (lo ha ripetuto anche De Magistris), e nessun magistrato è mai stato capace di venire a capo di niente? Diverse Procure campane sono intervenute sul termovalorizzatore di Acerra e in genere sulla questione rifiuti. Sono stati avviati molti processi e ci sono stati diversi arresti (tra cui, a gennaio, un prefetto e l’ex vice di Bertolaso). La Procura di Napoli, dopo una lunga indagine, ha rinviato a giudizio 28 presunti responsabili di truffa aggravata, falso e abuso di ufficio, tra cui Bassolino, alcuni vicecommissari e manager dell’Impregilo.
Ma di camorristi, a parte i racconti di Saviano, neppure l’ombra.
Sarà un’impressione,ma la magistratura partenopea sembra più interessata ai politici (che certo avranno le loro responsabilità) che ai poteri criminali. E infatti oggi si occupa con zelo di un’altra monnezza: quella che tonnellate di intercettazioni senza alcuna rilevanza penale stanno riversando su donne e uomini non indagati né sospettati di nulla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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