
Da febbraio, alla guida dell'Accademia di Santa Cecilia c'è un nuovo sovrintendente, è Massimo Biscardi. Avendo 69 anni, è stato la prova vivente che il decreto-legge per mandare in pensione i sovrintendenti una volta spente le 70 candeline, sarebbe stato riformulato. E così è stato. Una cosa è certa, sul decreto-legge hanno sorvolato gli Accademici di Santa Cecilia eleggendo Biscardi già al primo turno, esito per niente scontato considerato che i turni elettorali sono tre, e ben sei ne richiese la fumata bianca per Luciano Berio, correva l'anno 2000. Biscardi è stato a lungo al vertice del Teatro di Cagliari e poi di Bari, ora amministra un ente che fa ricerca, didattica oltre che la più nota attività concertistica tramite il coro e l'ottima orchestra, per 18 anni condotta da Antonio Pappano e da ottobre da Daniel Harding.
Ha sempre gestito teatri d'opera, ma al culmine della carriera arriva la sinfonica. Come vive questo passaggio?
«In modo molto naturale. L'opera mi piace, certo, però confesso che il mio cuore batte anzitutto per la sinfonica, che è essenza pura, chiede totale concentrazione, è bandito il più pigro dei sensi: la vista».
La macchina di un teatro è poi così complessa...
«Quando metti in piedi un'opera, ci vuole un miracolo perché tutto funzioni, e soprattutto se lavori nei piccoli teatri, che è poi stato il mio caso. Riuscire a fare opera con pochi soldi è sfidante».
Sfidante pure l'età dell'Accademia: 440 anni. Come si restituisce all'oggi un'anima ultracentenaria?
«Facendola evolvere, proiettandola nel futuro».
Partiamo dall'archivio storico.
«Abbiamo migliaia e migliaia di volumi, attraggono studiosi da tutto il mondo. Sto già lavorando a un progetto di digitalizzazione».
E la vostra Scuola di Alto perfezionamento?
«I nostri corsi non hanno la visibilità che meriterebbero, almeno qui in Italia. Vorrei che venisse riconosciuto un punteggio, ho incontrato il ministro Bernini per discuterne. Va poi rivista l'organizzazione interna».
Avete in calendario grandi direttori e solisti. Ma Esa-Pekka Salonen?
«È l'unica grande bacchetta che manca a Santa Cecilia. Inizierò presto a corteggiarlo».
Capitolo pubblico. Negli ultimi sei anni gli abbonati sono calati, una decrescita che di fatto è un male globale. Che fare?
«Bisogna andare a riprendersi il pubblico, casa per casa, dobbiamo far capire che ascoltare musica fa bene. Dobbiamo aprirci anche ai quartieri non centrali della città. Va intensificata l'attività di education dei bimbi e il coinvolgimento dei loro genitori creando, per esempio, abbonamenti ad hoc per le famiglie. Tra l'altro i concerti per bimbi portano nelle casse fra 700mila e un milione di euro».
Se il Presidente del Consiglio
assistesse a un concerto con la figlia darebbe un bel segnale.«Capisco che non sia facile, gli impegni urgono. Ma se accadesse, il gesto sarebbe molto apprezzato dai musicisti, e avrebbe senza dubbio importanti ricadute».